venerdì 6 marzo 2009

SARANNO LE NANOTECNOLOGIE A TRAINARE LA RIPRESA?

Il giro d’affari dei prodotti che utilizzano materiali basati sulle nanotecnologie ha quasi raggiunto i 150 miliardi di dollari e potrebbe arrivare a 3 triliardi entro il 2015: è la via per uscire dalla crisi o un nuovo potenziale rischio per le persone e per il pianeta?

Nel 2001, dopo lo scoppio della bolla speculativa di Internet, i più ottimisti avevano già ipotizzato una ripresa trainata da una nuova tecnologia innovativa e rivoluzionaria come l’IT: la nanotecnologia, cioè la capacità di osservare, misurare e manipolare la materia su scale atomiche, molecolari e macromolecolari.

L’idea di manipolare e produrre materiali di dimensioni tra 1 e 100 nanometri (un nanometro è un miliardesimo di metro, equivalente a circa dieci atomi di idrogeno) sembrava fantascienza al pari dei viaggi interstellari ma, facevano notare gli scienziati, era già qualcosa di attuabile, tanto che negli USA il Congresso ha creato proprio nel 2001 la NNI (National Nanotechnology Initiative) per ottimizzare e supportare un investimento di oltre 10 miliardi di dollari da destinare alla richerca e allo sviluppo delle nanotecnologie.

Probabilmente era troppo presto. Investitori e hedge fund hanno preferito puntare sui mutui subprime e sulla bolla edilizia per le loro specualazioni azionarie. Crescendo senza la spinta dai capitali azionari, il giro d’affari dei prodotti che già integrano materiali nanotecnologici ha comunque raggiunto i 146 miliardi di dollari a livello globale e le stime della società Lux Research prevedono una crescita esponenziale, fino a raggiungere i 3,1 triliardi (3.100 miliardi di dollari) per il 2015 (solo qualche mese fa la previsione era di raaggiunge un triliardo)

Oggi con le nanotecnologie si producono indumenti, cosmetici, materiali protettivi per vernici, rivestimenti per varie superifici, e persino chip di memoria e hard disk in grado di registrare enormi quantità di dati ad altissime densità. Nei prossimi anni sono attesi prodotti medici come farmaci e protesi ma le potenziali applicazioni sono virtualmente infinite e addirittura potrebbero rivelarsi in grado di assicurare una migliorata ecocompatibilità dei materiali che utilizziamo. Potrebbe quindi essere questo uno dei campi che trainerà quell’innovazione necessaria a creare il miracolo economico invocato da Obama e altri capi di stato per rilanciare le economie globali.

Al contrario di altre tecnologie più sperimentali, infatti, anche in Italia la ricerca e le attività industriali legate alla nanotecnologia sono in fermento. Questo può essere un segnale importante anche perché, si sa, il nostro Paese è generalmente restio a rischiare investendo su tecnologie che non offrano importanti possibilità di guadagno nel breve e medio periodo.

Nel 2003 è stato creato il Centro Italiano per le Nanotecnologie (Nanotec IT) con la missione di promuovere lo sviluppo e l’applicazione delle nanotecnologie in Italia, al fine di accrescere il posizionamento competitivo del Paese. Ben 20 aziende sono già iscritte a Nanotec IT (tra cui colossi quali Finmeccanica, Pirelli Labs, STMicroelectonrics, ENI), insieme a 18 istituti di ricerca del CNR e altri nove istituti universitari nazionali.

Il futuro di queste tecnologie appare florido, e, più di tanti altri settori, potrebbe rivelarsi strategico anche se deve fare i conti con una forte resistenza ideologica all’idea di manipolare materiali a livello molecolare senza conoscere davvvero tutte le implicazioni di tali processi. Si tratta di paure irrazionali legate all’ignoto o a veri pericoli per la salute nostra e del pianeta stesso?

Per cercare di indirizzare queste lecite preoccupazioni e conoscere a più a fondo il potenziale della nanotecnologia anche e soprattutto a livello economico, il prossimo 23 marzo l’associazione americana Project on Emerging Nanotecnologies terrà una conferenza (a cui sarà possibile partecipare anche via Internet  all’indirizzo www.wilsoncenter.org) a cui parteciperanno numerosi studiosi ed esperti di questo settore.

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