sabato 31 gennaio 2009

GLI USA FUORI DALLO SPAZIO

Per almeno i prossimi 5 anni, gli Stati Uniti rischiano di dover dipendere dalle navette straniere per portare astronauti in orbita

Tra quelle che, secondo il Government Accounting Office (agenzia bipartisan del Congresso USA), sono le 13 piú importanti decisioni che Obama dovrá prendere nel corso del suo mandato, ci sará anche il futuro dello Shuttle, il veicolo spaziale riutilizzabile voluto da Nixon e varato dalla NASA nel 1979. Il programma Shuttle, che negli anni ha incluso 5 diverse navette (Columbia, Challenger, Discovery, Atlantis ed Endeavor), di cui due, Challenger e Columbia, sono andate distrutte in incidenti al decollo e al rientro, dovrá essere dismesso entro il 2010 per far spazio al nuovo programma Constellation.

Al momento, infatti, i fondi necessari per gestire lo Shuttle rendono impossibile lo svilppo della nuova navetta che rappresenterebbe un piccolo “ritorno al passato”: un mix tra le tecnologie dello Shuttle e quelle del precedente programma Apollo. Non interamente riutilizzabile come lo Shuttle, sará composta da un razzo di classe Ares e dalla navetta Orion, in grado di ospitare 6 persone. Nel periodo tra il 2010 e il 2015, data in cui il progetto Constellation dovrebbe essere completato, gli USA dipenderebbero interamente dalla navetta russa Soyuz - che attualmente é l’unico veicolo spaziale in grado di portare astronauti umani in orbita - per raggiungere la Stazione Spaziale Internazionale, che loro stessi hanno in gran parte finanziato.

Oltre a prevedere, con estrema lungimiranza, l’esplorazione umana di Marte, nella sua New Space Vision del 2004, George W. Bush aveva approvato un decreto che obbligava la NASA a mantenere la flotta Shuttle attiva almeno fino ad aprile 2009 A questo punto toccherá ad Obama decidere se, gli USA, che dagli anni ‘60 sono stati all’avanguardia dell’esplorazione spaziale, si ritroveranno “appiedati” per almeno 5 anni.

L’ironia é che gli USA hanno sprecato tempo e fondi preziosi (quasi un miliardo di dollari), tra il 1996 e il 2001, nello sciagurato programma X33, una joint venture con Lockheed Martin (la stessa che dagli anni ’80, sviluppa il fallimentare Missile Defense System per creare due nuovi veicoli spaziali riutilizzabili, che avrebbero dovuto sostituire la flotta Shuttle e invece sono stati cancellati dopo anni di fallimenti e preventivi errati.

Ora Obama ha ben altro a cui pensare, con un debito pubblico di oltre 10 triliardi di dollari (in impennata dal 2000), un sistema sanitario inadeguato e la prioritá dichiarata di investire prima di tutto in tecnologie per salvaguardare l’ambiente. All’inizio della sua campagna Obama aveva anche auspicato che l’avvio del programma Constellation venisse posticipato di almeno cinque anni per spostare i fondi verso programmi educativi salvo poi tornare sui suoi passi e dichiarare che “la sua amministrazione supporterá lo sviluppo di questa piattaforma vitale, assicurando che la dipendenza degli USA sulle capacitá aerospaziali di altre nazioni sia limitata al minor tempo possibile”.

giovedì 29 gennaio 2009

I BIG DEI VIDEOGIOCHI ALLA RESA DEI CONTI

Sui risultati di fine 2008 soridono Nintendo e Microsoft. Sony soffre. Il prossimo anno non sarà facile per nessuno ma il futuro dei videogame è roseo.


Microsoft prima, poi Nintendo e Sony hanno comunicato i risultati di vendita delle loro console per l’ultimo trimestre del 2008, quello che include l’importantissimo periodo di shopping Natalizio. Tra le tre, quella che sicuramente sorride di più è Nintendo (che però ha rivelato solo i dati relativi ai primi tre trimestri dell’anno fiscale unificati). Le sue console, l’ormai celebre Wii, nota a tutti per videogiochi come Wii Fit e Wii Play, e l’altrettanto celebre DS, la portatile di Brain Training e Nintendogs, hanno venduto rispettivamente 20 milioni di unità (portando l’installato globale a quota 45 milioni) e 26 milioni di unità (totale mondiale 96 milioni). Nintendo ha fatturato l’equivalente di 13 miliardi di euro, con profitti operativi per oltre 4 miliardi di euro. L’azienda è risultata in crescita del 17% per giro d’affari e del 27% per margine operativo. Addirittura, il numero di videogiochi che Nintendo ha pubblicato e commercializzato per le sue due console ad oggi è superiore a 700 milioni di unità. Eppure anche la multinazionale nipponica teme un calo. In effetti negli ultimi tre anni il fatturato dell’azienda è quasi triplicato e una crescita, anche del 17%, può sembrare relativamente debole, tanto che i dirigenti hanno rivisto al ribasso le previsioni di fine anno.

Di certo non se la passano meglio Sony e Microsoft, che devono fare i conti anche con i risultati delle altre divisioni. Quattro anni fa le difficoltà di Sony nei confronti di competitor coreani come Samsung nel settore dell’elettronica di consumo furono mitigate dall’incredibile successo di PlayStation 2, che aveva già allora quasi raggiunto i 100 milioni di unità vendute. Oggi non è più così: tutte le console di Sony (PlayStation 2, PlayStation 3 e la portatile PSP) hanno fatto registrare cali di vendite sia a livello di hardware (le console) che di software (i videogiochi pubblicati internamente). Unica eccezione è stata la crescita del software PlayStation 3 (unico immune alla pirateria), una notizia che può far sperare in una ripresa - soprattutto se il prezzo della console (400 euro in Europa) verrà ridimensionato – anche se per ora rimane lontana: nell’ultimo quarto del 2008 l’azienda nipponica ha fatto registrare un calo del fatturato Games del 32,2% e profitti a -97% (facendo comunque registrare un attivo equivalente a 400 milioni di euro).

Nonostante Microsoft abbia licenziato 5.000 persone senza troppi complimenti, almeno nel settore Games sta meglio. La divisione Entertainment & Devices, che produce e vende la console Xbox 360 e i giochi “first party” (prodotti internamente), ha chiuso la prima metà del suo anno fiscale (luglio-dicembre) in crescita del 3%, con profitti operativi per 151 milioni di dollari, in calo del 60%. Secondo le stime più recenti le Xbox 360 vendute ad oggi nel mondo sono 28 milioni, contro 20 milioni di PlayStation 3, la sua più diretta rivale. La differenza maggiore, però, è che mentre Sony aveva dominato il mondo dei videogame nello scorso “ciclo generazionale”, con la sua PlayStation 2, Microsoft, con Xbox e Xbox 360, ha fatto sempre registrare ingenti perdite fino a poco tempo fa. Una situazione di virtuale pareggio gioca indubbiamente a favore dell’azienda che fu di Bill Gates.

Quale futuro per i videogame? Oggi i videogiochi sono la forma di intrattenimento più dinamica, sia per la crescita dei fatturati che per l’innovatività dei prodotti. Per molti versi il mercato videoludico è tendenzialmente “anticiclico” ma sicuramente nessun settore dell’entertainment può essere considerato immune a una crisi economica generalizzata. Il 2009 sarà un anno duro per tutti ma le prospettive a lungo termine dei videogame sono rosee: durante lo scorso ciclo generazionale sono state vendute quasi 140 milioni di console (100+ Sony/20+ Microsoft/15+Nintendo). Con i suoi 50 milioni, però, la nuova Nintendo Wii è andata a prendere molte persone che non avevano mai giocato prima quindi è probabile che il bacino d’utenza complessivo di questa generazione di console superi abbondantemente i 200 milioni: questo significa che verranno vendute nei prossimi 2-3 anni almeno altri 100 milioni di console, senza contare tutto il software e gli accessori, videogiochi musicali in primis, che stanno cambiando la faccia del divertimento.

mercoledì 28 gennaio 2009

GIORNATA TIPO A MILANELLO


Ore 7.00: Maldini viene svegliato da Galliani, Senderos si è fatto male dormendo, gli viene rinnovato il contratto per un altro anno.

Ore 8.00: Per la colazione Milanlab prepara delle super dentiere per i giocatori.

Ore 9.00: Beckham ha un servizio fotografico per Armani.

Ore 10.00: Ancelotti porta Gattuso, con la museruola, a fare i bisognini.

ore 10.30 tutti i giocatori, lo staff, e la dirigenza si recano nella chiesetta adiacente a milanello per ascoltare Kakà dire la messa.

Ore 11.00: Inizia l'allenamento, si fa male Nesta, Galliani chiama Maldini e gli rinnova il contratto per un altro anno.

Ore 12.00: Beckham ha un servizio fotografico per D&G.

0re 12.30 durante l'allenamento a Gattuso sfugge una bestemmia...Kakà si illumina gli spunta un aureola sulla testa ed esclama: PADRE PERDONALO PERCHè NON SA QUELLO CHE FA...

Ore 13.30: Pato non mangia le verdure e Ancelotti lo punisce togliendogli i cartoni animati.

ore 14.00 pato arriva intristito all'allenamento perchè goku ancora non riesce ad uccidere Magin bu..nonno Maldini cerca di fargli forza..

Ore 15.00: Gattuso mangia gli ossi avanzati dal pranzo e scodinzola.

Ore 16.00: Beckham ha un servizio fotografico per Versace.

ore 16.30 l'altoparlante di milanello esclama:MALDINI, BECHKAM, EMERSON, KALADZE, SHEVA, PIPPO, AMBROSINI, SEEDORF....tutti in infermeria per il cambio del catetere...

Ore 17.00: nella corsetta si fa male Kaladze, Galliani chiama Maldini e gli rinnova il contratto per un altro anno ancora.

Ore 18.00: Dida viene colpito da una foglia e stramazza al suolo.

Ore 18.30: inito l'allenamento, appena usciti dalla doccia con i capelli bagnati e fumanti si incrociano gli sguardi di ZAMBROTTA, BECHKAM,KAKA,MALDINI E DINHO....accecati dalla loro bellezza vengono travolti da uno stato di trance e si metono ad intonare con annesso balletto....BACK STREET BACK....che dive....

Ore 19.00: Beckham si fa delle foto.

Ore 20.00: Sheva fa training autogeno per convincersi di saper ancora giocare a calcio.

Ore 23.00: Dinho va al theClub, Poi al toqueville, poi all'hollywood.

Ore 24.00: Maldini viene chiamato da Galliani, s'è fatto male Thiago Silva.

Ore 1.00: Kaka sveglia l’intero albergo chiedendo soccorso immediato: Pellegatti in mutande e giarrettiera si è infilato nel suo letto implorandolo di rinunciare alla castità.

venerdì 23 gennaio 2009

IL "LASCITO" DI BUSH ALL'AMBIENTE: ORA TOCCA A OBAMA

Come sempre accade, il presidente uscente ha firmato una serie di decreti esecutivi durante gli ultimissimi giorni della sua presidenza. Nel caso di Bush molti sono, ovviamente, dannosi per l’ambiente. Cosa potrà fare Obama?

Che Bush non fosse un presidente amico dell’ambiente lo si era capito all’inizio del suo primo mandato, quando, senza troppi convenevoli, ha portato gli USA fuori dal protocollo di Kyoto. Anche negli ultimissimi giorni della sua presidenza, il capo del potere esecutivo americano non si è smentito, firmando una serie di decreti che, a detta di molti ambientalisti, avranno ripercussioni pesanti su vari aspetti della tutela ambientale. Alcune queste norme non sono poi state approvate, altre potrebbero essere immediatamente cancellate da Obama attraverso azioni legali o dal Congresso attraverso il Congress Review Act (che però è stato utilizzato solo una volta nella storia per bloccare  una normativa clintoniana sul lavoro), altre ancora invece richiederanno alla nuova amministrazione mesi o forse anche anni di burocrazia per essere eliminate.

A parte la creazione di tre enormi aree protette nell’Oceano Pacifico (che formeranno la più grande riserva naturale del mondo), nessuna della altre normative volute all’ultimo momento da Bush ha connotati positivi per l’ambiente. Anche la creazione delle aree protette lascia a desiderare in quanto permette l’utilizzo di queste zone per usi turistici e militari. Una delle più dannose normative volute da Bush, per fortuna, non è stata approvata ma avrebbe permesso (o addirittura incoraggiato) la costruzione di centrali termoelettriche vicino ai parchi nazionali. Altre due sono invece in effetto dal 12 gennaio: la prima permette l’inquinamento dei corsi d’acqua con i rifiuti provenienti delle miniere di carbone in alta montagna (se non è possibile evitarlo) mentre la seconda permetterà alle centrali elettriche di allargarsi o modificare la propria struttura senza dover ottenere alcun pemresso aggiuntivo per il maggiore inquinammento prodotto.

Altre nuove normative sono legate all’estrazione di petrolio. Dal 15 gennaio non è infatti più necessario ottenere l’approvazione di un ente scientifico indipendente prima di costruire o scavare in un’area popolata da specie protette, mentre un'altra normativa, attiva dal 17 gennaio, apre allo sviluppo dell’estrazione di petrolio dall’argilla bituminosa (un processo altamente inquinante) quasi un milione di nuovi ettari. Precedentemente, il 5 gennaio, era entrata in vigore una normativa che impediva al Congresso di utilizzare il proprio diritto di veto temporaneao alla costuruzione di miniere in terreni di proprietà federale (usato di recente per impedire scavi per l’estrazione di uranio vicino al Grand Canyon).

Il 20 gennaio sono entrate in vigore due normative legate agli scarti inquinanti. La prima riqualifica circa 1,5 tonnellate di rifiuti pericolosi come “non pericolosi”, eliminando vari requisiti legati al trasporto, allo stoccaggio e allo smaltimento di sostanze tossiche e potenzialmente cancerogene. La seconda invece diminuisce i controlli legati all’inquinamento creato dalle fattorie di animali permenttendo loro di decidere se e come gettare escrementi di bovini e suini nei corsi d’acqua. Un’ultima normativa proposta da Bush non andrà in vigore ma avrebbe permesso a tutti i business legati alla pesca di autoregolamentarsi, riducendo il periodo di scrutinio pubblico per le nuove regole da 45 a 14 giorni.

Cosa potrà fare Obama? Come è prassi la nuova amministrazione ha subito bloccato tutti i decreti esecutivi che non sono ancora entrati in vigore. Per le normative già attive, potrebbero volerci mesi o anche anni di azioni legali (ci sono già diverse cause in atto portate da gruppi ambientalisti che Obama potrà supportare). Una delle priorità principali di Obama, secondo quanto dichiarato durante la campagna elettorale, sarà di ribaltare il decreto che permette di scavare per estrarre pretrolio in territori abitati da specie protette. In generale, la poltiica energetica di Obama sarà volta soprattutto a ridurre drasticamente la dipendenza degli Usa dal petrolio straniero (venezuelano e mediorientale). Anche se questo obiettivo dipenderà in parte dal maggiore sfruttamento di fonti di energia rinnovabili e dalla riduzione dei consumi (quelli automobilistici in primis), per raggiungere questo obiettivo, soprattutto nei primi anni, l’amministrazione Obama non potrà esimersi dal permettere un maggiore sfruttamento del suolo per l’estrazione di combusitibili fossili, con l’intenzione, però, di ottimizzarne la resa per ridurre l’impatto ambientale.

Articolo apparso anche su Panorama.it

giovedì 22 gennaio 2009

RWANDA: SEEDS OF HOPE

Questo contributo arriva dal mio amico Andrea Frazzetta, fotoreporter specializzato in tematiche legate al continente africano

“A che serve cercare delle attenuanti a persone
che ogni giorno hanno tagliato con il macete, anche di domenica?
Cosa si può attenuare? Il numero delle vittime?
Il modo di tagliare? Il disprezzo dei carnefici?
Rendere giustizia equivarrebbe ad ucciderli.
Ciò provocherebbe un altro genocidio, il che significa il caos.
Ucciderli quindi o punirli in modo appropriato? E’ impossibile.
Perdonarli? Impensabile. Essere giusto è disumano”.

“La giustizia non ha spazio dopo un genocidio,
per il semplice motivo che supera l’intelligenza umana.
Bisogna dare la priorità ai terreni, ai raccolti, al paese,
e quindi anche ai carnefici e alle loro famiglie che fanno la forza e il numero.
Quale sarebbe il destino di un paese in stato di abbandono, senza scuole e senza case?
Non si tratta di giustizia umana, ma di una politica di giustizia”.

Berthe Mwanankabandi
Sopravvissuta del genocidio rwandese

"Non importa che in ambito privato vi identifichiate come hutu o tutsi.
L’importante è che cosa intendete fare da rwandesi per il Rwanda.
Ognuno di voi può dare un contributo decisivo al suo paese".

Paul Kagame
Presidente del Rwanda


Il Rwanda all’alba del XXI secolo

6 aprile 1994. L’aereo del presidente del Rwanda, Juvenal Habyarimana, viene abbattuto. In poche ore la capitale Kigali è chiusa da posti di blocco dell’esercito delle milizie Hutu. Iniziano lo sterminio della comunità Tutsi e il massacro degli Hutu “moderati” contrari al progetto genocidiario. Durerà tre mesi. Verranno uccise da 800.000 a un 1.000.000 di persone. In meno di 100 giorni col machete, con le mazze, a colpi di fucile, di mitragliatrice, di granate, annegati o bruciati vivi, uomini, donne, bambini, anziani, saranno sterminati in città, sulle colline, nei tempi e nelle chiese. Il terzo genocidio ufficialmente riconosciuto dalla Comunità internazionale nel XX secolo, si è svolto sotto gli occhi del mondo intero. Durante tre mesi, le principali potenze occidentali (Stati Uniti e Francia tra tutte), le Nazioni Unite assistono impassibili alla più grande carneficina della storia africana.

Circa quindici anni dopo, africanisti ed esperti di Relazioni internazionali sono unanimi: “in Africa c’è un prima e un dopo Rwanda”. Dal Darfur al Kenya, dalla Costa d’Avorio al Burundi, i conflitti etnici che in questi ultimi anni hanno insanguinato il continente africano riportano la nostra coscienza collettiva alla tragedia rwandese del 1994. “No a un altro genocidio” è la parola d’ordine con cui la società civile interpella la Comunità internazionale per porla di fronte alle sue responsabilità.

In Rwanda intanto, l’opera di ricostruzione di un paese devastato dall’odio etnico e dalla povertà va avanti su ritmi forzati. Chi oggi si avventura a Kigali non può non rimanere colpito dai cambiamenti urbanistici sbalorditivi che ormai caratterizzano il boom economico della capitale rwandese. Da piccola città provinciale, Kigali si è trasformata in pochi anni in un vero proprio centro urbano moderno dotato di viali asfaltati, strade pulitissime, palazzi di vetro e acciaio, banche, uffici commerciali, università di fama continentale, quartieri residenziali in stile americano, etc. Protagonisti assoluti di questo miracolo sono i membri della diaspora rwandese e le autorità capeggiate dal Presidente Paul Kagame, giunti dall’Europa, Stati Uniti, Canada, Asia e Africa all’indomani dell’eccidio per far rinascere il Rwanda dalle proprie ceneri. Dopo aver raggiunto un livello di sicurezza tra i più alti del continente africano, oggi le autorità rwandesi sono concentrate su due obiettivi: sconfiggere la povertà rurale e proseguire il lungo processo di riconciliazione tra hutu e tutsi.

Non appena ci si addentra tra le colline rwandesi (dove risiedono oltre l’80% della popolazione, ndr), si intuisce che questa duplice sfida si annuncia molto ardua. Nel 2007, oltre il 60% dei rwandesi continua a sopravvivere con meno di un dollaro al giorno. Nei villaggi poi, la diffidenza tra le due etnie rimane fortissima. A differenza dello sterminio armeno o della Shoah, il genocidio rwandese è il primo nella Storia in cui vittime e carnefici sono costretti a coabitare insieme dopo i massacri. Entrambi devono poi fare i conti con le conseguenze di una crescita demografica galoppante che restringe sempre di più gli spazi di coltivazione, mettendone così a rischio il futuro dei giovani (quelli con età inferiore ai 14 anni rappresentano il 41% della popolazione). Questo fa sì che il Rwanda del XXI secolo rischia di ritrovarsi confrontato alle stesse minacce che hanno finito per distruggerlo nel 1994. Tra le cause del genocidio, i media occidentali hanno sempre evidenziato l’odio etnico che gli europei veicolarono tra la popolazione rwandese durante il periodo coloniale. Se è vero che il genocidio ha origini culturali, questa tesi non basta a giustificare il livello di violenza raggiunto nella primavera del ’94. A spingere così tanti hutu a massacrare i propri vicini fu la crisi alimentare che devastò il Rwanda alla fine degli anni ’80. Costretti ad abbandonare i loro fazzoletti di terra per le città, un numero impressionante di giovani disoccupati finirono arruolati nelle milizie interhamawe dai militari estremisti hutu per perseguitare i tutsi e sterminarli. Il risultato: un milione di morti. Nonostante i ritmi di crescita economica impressionanti degli ultimi anni (una media del 6% annua), una diversificazione crescente degli investimenti produttivi (più spazio ai servizi), la scommessa su prodotti agricoli di eccellenza come il tè e il caffé (vedi le partnership siglate con Starbucks) oppure l’apparizione di nuovi donatori internazionali (Cina, India, Dubai), il Rwanda rimane un paese fragile, economicamente legato alla sua produzione agricola e fortemente esposto ai rischi di siccità e crisi alimentare.

di Andrea Frazzetta

lunedì 19 gennaio 2009

CARO BERLUSCA

Ho l'onore di ospitare sul mio blog un contributo da parte di mio zio Ricky:

Caro Berlusca,

Ti vorrei rivolgere un grande augurio, che penso anche la tua stampa si sarà dimenticherà di fare, troppo intenta ad usare le acque del Giordano per irrorare più che per battezzare, nel momento che la tua strategia fra i grandi viene così premiata (e mai riconosciuta).

Sarai con la Merkel e Sarkozy in Israele fra poco o già vi sei arrivato. Il tuo vero talento non è tanto conquistare l’Italia, ci sono riusciti e ci riescono in tanti, dai longobardi alla camorra, né illuminarci con vie di pensiero particolari o scelte politico-vitali da ricordare, quanto saper gestire tutta quella massa di altri esseri che diventa difficile qualificare che decidono, adesso anche assieme a te, dove e quando cadono le bombe e quelle altre robette lì.

Mai nessuno nella storia d’Italia era riuscito ad ottenere un ruolo riconosciuto nelle grandi crisi. Hai diritto di primogenitura sull’affrancamento del tuo amico Putin, che pericolosetto resta sempre, con o senza di te, quindi meglio parlarci e grazie a te lo si può fare. Ti sei lavorato Bush come nessun’altro, hai contribuito a fare degli epigoni del fascismo nostrano i più spasmodici difensori della violenza totale israeliana al mondo (medaglia d’oro per intenderci), adesso li hai obbligati a considerarti non più una comparsa. E con te tutta la nostra gloriosa italia, stalinisto-contadina o fasciomaschilista sborona. La Merkel e Sarkozì ti portano con loro in Israele dopo l’Egitto con Obama in arrivo.

Caro Berlusca a te Nethanaiau ti sente di sicuro: prova a disinnescare la tensione, inventati qualcosa del tipo che si vende bene in TV, come il riconoscimento di Israele iscritto, come nelle tavole, anche nella novella costituzione del novello stato palestinese che non tira razzi. Israele si leva molto ma molto velocemente dai coglioni e ancora più velocemente velocemente si dichiara d’accordo con una bella costituzione del novello stato palestinese che gli dia tutte le garanzie del caso.

Noi Europei e tutti quanti (Putin compreso) mandiamo uomini e soldi e purtroppo anche soldati per ricostruire scuole, case, controllare tunnel, e portare via anche le fionde a tutti da quelle parti fino all’insediamento universalmente accettato del nuovo governo democratico palestinese che esiste fino a che esiste la sua costituzione, più o meno come noi e l’America (ma forse su questo non sei totalmente d’accordo. Toh, cose così.

Ma facci un bel tentativo caro Silvio, che tu queste cose le sai fare. E magari fra cinque anni famo un grande fratello a Gaza e il mondo è certamente più contento e si diverte (immagina tutta la gnocca palestinese). Fra un cucù alla Merkel, un ma a chi cazzo ti sei sposato? a Sarkozì , una bella magnata con Bibi e la Livni, potrai chiaramente spiegare all’alieno nero che, vedrai, sarà d’accordo subito: ne vale la pena.

Provaci caro

zio

L'UNIVERSO E' UN OLOGRAMMA

Un effetto imprevisto delle rilevazioni effettuate da GEO600, un potente macchinario che studia il fenomeno astrofisico delle onde gravitazionali potrebbe dimostrare la teoria di Craig Hogan, direttore del Fermilab Center for Particle Astrophysics, che il nostro universo sia in realtà un ologramma.

 Il concetto può sembrare assurdo e non è chiaro quali sarebbero le implicazioni di questa scoperta, eppure l’idea di un Universo che non è altro che la proiezione in 3 dimensioni di eventi che accadono su una lontanissima superficie bidimensionale potrebbe aiutare gli scienziati a risolvere molti misteri sulla composizione della fabbrica spazio-temporale.

Situato ad Hannover, in Germania, GEO600 è una specie di precissimo “righello” che si estende per oltre 600 metri e cerca di identificare le onde gravitazionali che attraversano la Terra e lo Spazio, alterandone la forma. Ogni oggetto che ha una massa, infatti, causa una piega nel “tessuto” dell’universo. Quando due oggetti super-massicci, come possono essere due buchi neri o due stelle di neutroni, gravitano rapidamente l’uno intorno all’altro in un sistema binario, il loro effetto gravitazionale sullo spazio-tempo può dar vita a un’onda gravitazionale che attraversa l’universo come l’onda che si forma lanciando un sasso in uno stagno. Ogni oggetto che sulla Terra viene attraversato da una di queste onde si allarga e si stringe quasi impercettibilmente (con ampiezze di 10 alla -20°). GEO600 cerca di rilevare queste fluttuazioni attraverso un sistema di specchi.

 Per molti mesi gli esperimenti di GEO600 sono stati però afflitti da un inspiegabile rumore ed è qui che entra in gioco il “principio olografico”. Secondo molti moderni astrofisici, la composizione dello spazio-tempo non è continua ma è composta di microgranuli la cui grandezza è pari alla lunghezza di Planck, 10 alla -35°, cento miliardi di miliardi di volte più piccoli di un protone . È un concetto simile a una fotografia digitale che diventa pixelata quando viene ingrandita a sufficienza. Questi granuli sono impossibili da rilevare con gli esperimenti attuali.

 Secondo la teoria di Hogan, come gli ologrammi presenti su carte di credito e banconote creano l’immagine tridimensionale attraverso una speciale pellicola che fa rimbalzare la luce, tutto ciò che esiste non è altro che la proiezione tridimensionale dei microgranuli che esistono sulla superficie bidimensionale della sfera che si trova ai confini dell’Universo. Al contrario dei microgranuli stessi, le prozioni avrebbero dimensioni di circa 10 alla -16° e sarebbero potenzialmente rilevabili dagli aesperimenti attuali. Inoltre, la differenza tra i microgranuli originali e la loro proiezione olografica renderebbe l’universo più “sfuocato”, e questa sfuocatura si tradurrebbe proprio nell’inspiegabile rumore rilevato nelle frequenze osservate da GEO600.

Non sarebbe la prima volta che un esperimento realizzato per conseguire un certo obiettivo ha portato risultati completamente diversi, ancora più eclatanti. La medesima dinamica ha caratterizzato la scoperta della radiazione cosmica di fondo (il residuo termico del Big Bang) nel 1964. Se la teoria di Hogan fosse verificata, sarebbe altresì ironico che un oggetto costruitio per studiaro un fenomeno macroscopico come le onde gravitazionali possa invece servire per dimostrare la microscopica composizone granulare dello spazio-tempo e la sua controparte olografica.

mercoledì 14 gennaio 2009

UCCIDERANNO OBAMA

E’ poco ma sicuro e mi dispiace assai. Ammetto che non credevo che Obama avrebbe davvero vinto le elezioni pero’ le ha stravinte. E’ vero che da allora e’ gia’ sceso a molti compromessi ma sta di fatto che la sua integrita’ morale e la sua linea politica sono troppo distanti da quelle dei poteri forti americani... i vari Bush, Rockfeller, Rotschild ecc. Per quanto Obama possa scendere a qualche compromesso non potra’ mai arrivare a un livello accettabile per i veri interessi che muovono l’america (e il mondo) da dietro le quinte.

E poi e’ davvero troppo simile a JFK in tutto e per tutto. Arriva in un simile momento storico (guerra business in Vietnam contro il fantasma del comunismo = guerra business in Afghanistan e Iraq contro il fantasma del terrorismo internazionale). E’ il primo presidente nero come Kennedy fu il primo presidente cattolico. E poi ho appena scoperto che la vera ragione per cui fu ucciso Kennedy (vedi il documentario ZEITGEIST) era la sua aperta opposizione al (e la sua denuncia del) controllo esercitato da una ristretta oligarchia di ricchissimi industriali/finanzieri (i vari Rockfeller, Rotschild, Bush ecc.) sulla politica e sull’economia americana. Obama rischia di trovarsi nella stessa situazione.

Ancora prima di prendere le redini del potere esecutivo americano, Obama ha gia’ dimostrato due cose: una e’ che e’ un uomo di un carisma impressionante (e il carisma secondo me va di pari passo con la forza dei propri principi), l’altra, purtroppo, e’ che e’ un ingenuo che crede davvero di poter cambiare le cose e far felici tutti.

Obama crede di poter tagliare le tasse e aumentare la spesa pubblica. E crede anche di poter fermare la guerra continuando a farla. Crede che bastera’ dare il contentino di un incremento dell’attivita’ militare in Afghanistan agli industriali bellici per fargli accettare il ritiro dall’Iraq. Invece loro hanno gia’ gli occhi puntati non solo sull’Iraq ma anche sull’Iran. Il ritiro delle truppo dall’Iraq sara’ probabilmente il punto di rottura e lo uccideranno. Secondo me avverra’ circa 2 anni e mezzo dall’inizio del suo mandato, nel luglio del 2011.

In un certo senso ci spero perche’ vorra’ dire che non ha tradito i propri principi. Credo che dopo aver cercato senza successo di bilanciare gli interessi della gente e quelli delle oligarchie, anche Obama cerchera’ di denunciarli perche’ e’ troppo intelligente e moralmente integro per non capire che quella e’ l’unica cosa giusta da fare. E lo fara’ sapendo di andare incontro alla morte. Speriamo almeno che la sua morte non sia invano e che scateni una serie di reazioni a catena in tutto il mondo - un mondo in cui la gente sara’ gia’ allo stremo (e sempre piu’ incazzata) per il perdurare della crisi strutturale dell’economia capitalista - che non potranno essere soffocate dalla retorica dei putenti e dalle bugie dei mass media.

E forse sara’ finalmente l’inizio di qualcosa di nuovo.

DIFFERENZA DI VEDUTE


Sono in america da una decina di giorni... in Florida, a trovare la mia ragazza americana. Premetto che non ho una connessione a internet quindi posso collegarmi e leggere le notizie solo alla mattina quando vado a prendere il caffe’. Eppure guardo CNN ogni giorno, piu’ di qualsiasi altra cosa (il meglio della televisione americana, in termini qualitativi, sono i cartoni animati, il football e le news). Guardando CNN vengo aggiornato in tempo quasi reale sugli eventi del momento che attualmente sono 3: la crisi finanziaria/creditizia/industriale/azionaria, la transizione dall’amministrazione Bush a quella Obama e l’incursione israeliana a Gaza, che, allo stato attuale delle cose, e’ praticamente un’incursione americana, sia perche’ sono gli americani a fornire gli armamenti, sia perche’ gli interessi geopolitici attualmente sono identici e inscindibilmente correlati.

A prescindere da qualsiasi discorso legato all’assegnazione della colpa, quello che e’ interessante e’ osservare il diverso modo di trattare il medesimo argomento da parte della stampa americana e di quella italiana. CNN per esempio aggiorna costantemente il conto dei morti eppure i morti palestinesi sono quasi sempre solo definiti da un numero: 100, 200, 400, 500, 700, 900... Naturalmente la televisione americana non omette il fatto che molti sono civili, anzi lo enfatizza, ma senza mai entrare nei dettagli. Le situazioni individuali occupano uno spazio relativamente ridotto rispetto all’aspetto tattico-militare e politico. In Italia invece si va a cercare la singola storia drammatica che dimostra la crudelta’ della situazione, come possono essere i morti civili in una scuola, argomento trattato in maniera marginale da CNN negli USA e comunque enfatizzando la colpa di Hamas che usa i civili come scudo.

Naturalmente nessuno su CNN mette in discussione la necessita’ da parte di Israele di attaccare Gaze, enfatizzando il fatto che Hamas ha rotto la tregua sparando razzi su civili israeliani. Chiaramente nessuno dice che quei razzi hanno fatto forse una decina di vittime al massimo, mentre un paio di incursioni aeree israeliane hanno ucciso oltre 200 persone. Ci si concentra sulla questione di principio, cioe’ che Hamas ha attaccato e Israele risponde.

In Italia, invece, nessuno si concentra sul fatto che Hamas ha iniziato l’attacco, ma solo sul fatto che le incursioni israeliane stanno costando la vita a numerosi civili e creando fortissimi disagi alla popolazione. Il fatto che Hamas abbia deliberatamente rotto la tregua e colpito o cercato di colpire obiettivi civili (perche’ quelli militari sono irraggiungibili per le limitate risorse belliche di Hamas) viene quasi totalmente ignorato.

Seguendo le notizie dal punto di vista americano e da quello europeo una persona puo’ farsi un’idea abbastanza chiara di quelli che sono i fatti apparenti ma non e’ possibile in nessuno modo capire quelle che sono le reali cause dello scontro. Possiamo comprendere che questa guerra sta costando la vita a molta gente innocente ma non c’e’ modo di capire perche’ questo stia accadendo. Perche’ Hamas attacca israele quando non ha la benche’ minima possibilita’ di successo? Perche’ gli Israeliani contrattaccano violentemente attirando le dure critiche del resto del mondo, per una missione “door to door” in Gaza che non ha la minima possibilita’ di successo?

La vera questione e’ che questa questa guerra (come tutte le guerre) non si combatte per vincere ma si combatte per combattere. Nessuna altra ragione se non utiizzare gli armamenti, aizzare gli animi, creare tensioni per spingere il business assassino della guerra e arricchire l’industria bellica. I pezzi grossi israeliani e palestinesi non ne subiscono le conseguenze. Gli unici a pagare il prezzo di questa operazione militare che continua da piu’ di 40 anni sono i civili che fanno da comparse e da macabro sfondo al conflitto.

Il problema dei pregiudizi nel riportare le notizie non e’ quindi relativo all’imprecisione e alla parzialita’ dei fatti quanto all’incapacita’ o alla non-volonta’, comune entrambi (cosi’ come a tutti i media schiavi del potere) di riportare i fatti reali, come dei ladri d’arte che dipingono un quadro banale per nascondere e camuffare la vera opera. I media americani che dispongono di mezzi, conoscenze e accessibilita’ senza paragoni. Quindi bisogna dedurre che i giornalisti americani mentono consapevolmente e lo fanno molto bene.

L’esempio piu’ pateticamente assurdo e imbarazzante viene da uno degli anchorman di CNN, un certo Nick Qualcosa. Durante la sua ora di trasmissione, parlando del conflitto in Gaza, ha timidamente cercato di esprimere un concetto piuttosto banale, cioe’ che chi usa Dio per giustificare la violenza fa una cosa non giusta. La cosa piu’ impressionante e’ stata la paura che il giornalista aveva di esprimere questo concetto, pesando attentamente ogni parola, assicurandosi di ripetere piu’ volte che non c’e’ niente di sbagliato con la religione, che lui stesso e’ un cristiano e che tutte le religioni sono per l’amore verso il prossimo.

Per dare maggior forza a questo suo spassionato slancio editoriale, ha supportato la sua tesi con esempi dal passato, citando gente come Torquemada o Hitler, che hanno ucciso in nome di Dio. A parte la dubbia originalita’ della scelta degli esempi, sono 5000 o forse piu’ anni che la gente si uccide in nome di dio e che dio viene usato come strumento per spingere la gente a uccidere. Sono poche le guerre combattute in nome della terra, in nome dei soldi o in nome delle risorse. Tanto piu’ che il giornalista, visibilmente in difficolta’ nel tentativo disperato di non farsi scappare concetti compromettenti, ha poi aggiunto che non c’e’ niente di male neanche nell’uso della violenza per autodifesa, influenzando ulteriormente il pubblico con la propria malcelata preferenza per la controparte israeliana.

Dov’e’ lo spazio per la tanto esaltata liberta’ di espressione in un contesto mediatico americano cosi rigidamente controllato?

Da ebreo sono tutto sommato felice che israele esista. Ammetto che mi fa sentire un poco piu sicuro. Il problema e’ che l’esistenza di Israele mi fa solo sentire un pochino (ma proprio poco) piu protetto dall’odio antisemita che Israele stesso sta scatenando in tutto il mondo, un’odio che non puo’ far altro che crescere in un conesto in cui si combatte solo per combattere. Visto che non si puo’ certo sperare in una vera alternativa al malvagio capitalismo americano, sta a noi fare qualcosa. Bisognerebbe iniziare svelando le verita’ nascoste. Come nel film ZEITGEIST.