lunedì 18 maggio 2009

domenica 17 maggio 2009

martedì 12 maggio 2009

SOLE E VENTO AL POSTO DELLA BOLLETTA

In tutta la penisola si stanno diffondendo i Gruppi d’Acquisto Solare, per aiutare anche i privati e le famiglie a ottimizzare l’investimento nei pannelli fotovoltaici. Presto toccherà anche alle fonti eoliche, idriche e geotermiche.

Giovedì scorso l’assessore veneto all’Ambiente Federico Sboarina ha presentato lo studio commissionato ad AGSM che porteràa installare allo stadio Bentegodi di Verona il più grande impianto fotovoltaico d’Italia, in grado di generare 935 mila kWh all’anno.

I pannelli solari collegati alla griglia elettrica (in grado cioè di rivendere l’elettricità prodotta al gestore della rete) sono la tecnologia energetica che sta crescendo più rapidamente nel mondo, con aumenti del 50% nel 2006 e nel 2007 secondo i dati raccolti nel Renewables 2007 Global Status Report della società REN21 (in allegato il pdf). L’accesso all’energia solare non è più, però, solo ad appannaggio delle grandi aziende e compagnie elettriche: grazie alla sempre più rapida evoluzione delle tecnologie (sospinta dall’aumento del prezzo dei carburanti fossili e dalle esigenze ambientali del pianeta) e all’introduzione nella finanziaria 2007 del nuovo Conto Energia, oggi installare un pannello fotovoltaico è diventato un investimento in grado di ripagarsi interamente in pochi anni, permettendo addirittura di rivendere l’energia in eccesso alla compagnia elettrica.

In Italia le regioni che hanno maggiormente introdotto il fotovoltaico anche a livello privato sono quelle del Nord, come la Lombardia e il Veneto. Per molti versi, però, lo sfruttamento dell’energia solare è un’opportunità ancora maggiore per le soleggiate regioni del Sud, tra cui la Sardegna, dove, la serie di incontri, organizzati in collaborazione con Legambiente presso la Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Sassari, sta ottenendo un grandissimo successo di pubblico interessato a conoscere le opportunità offerte dai GAS, i Gruppi d’Acquisto per il Solare.

“La spesa per l’impianto di una casa di medie dimensioni si aggira intorno ai 20.00 euro - spiega Luciano Deriu, segretario regionale di Legambiente – e può essere recuperata in circa 8 anni se l’investimento è liqudo o in 11 anni se finanziato da un prestito bancario. Attraverso gli incentivi offerti dal Conto Energia si possono ottenere risultati economici incredibili e sicuri”. Le difficoltà maggiori riguardano la scelta di un fornitore e le problematiche legate agli adempimenti legali, edilizi e naturalistici. “Per questo il GAS è fondamentale – prosegue Deriu. Più persone insieme sono in grado di trovare i fornitori migliori per l’installazione e la manuntenzione, oltre che ottenere condizioni economiche più favorevoli dalle banche e risolvere più facilmente le questioni burocratiche”.

Il primo GAS in Sardegna è nato grazie a un’iniziativa del sindaco di Loceri, Carlo Balloi, che ha coinvolto oltre mille famiglie. In seguito sono nate altre iniziative simili anche in provincia di Sassari e ad Alghero, dove, appunto, la facoltà d’Architettura guidata dal professor Cecchini ha più volte riempito l’aula magna con persone interessate a saperne di più.

I pannelli solari di nuova generazione per le abitazioni sfruttano la capacità del silicio di trasformrare l’energia solare in energia elettrica. Le tecnologie più comuni (che variano per prezzo e prestazioni) sono il silicio monocristalliuno, il silicio policristallino e il silico amoerfo, che costa meno e ha un tempo di vita inferiore. In generali i moduli fotovoltaici sono grando di durare anche 50-100 anni ma è presumibile che debbano essere cambiati ogni 25-30 anni per obosolescenza della tecnologia. La parte più piacevole è sicuramente la possibilità di dimenticare interamente la bolletta di luce e gas e persino rivendere l’energia in eccesso all’ENEL

Dopo l’energia solare, la prossima fonte rinnovaible a che potrà farsi strada verso le case degli italiani sarà l’energia eolica. In questo caso il funzionamento del generatore è ancora più semplice: una pala, spinta dal vento, trasforma l’energia cinetica in energia meccanica, che viene usata per generare energia elettrica. I problema legati al’utilizzo del “minieolico” sono soprattutto di natura estetica: è difficile ipotizzare l’intallazione di troppe pale sui tetti della case o nelle tante aree tutelate dal punto di vista naturale e storico/architettonico. Dopo l’approvazione di una nuova normativa (vedi anche il sito dell’ENEL) all’inizio del 2008 sono stati stanziati i primi fondi statali: “Bisognerebbe far rientrare la produzione di energia eolica nella produzione agricola, sfruttando campi e terreni con gli stessi incentivi – conclude Deriu, l’idea è di ‘Coltivare il Sole e il Vento con la Terra’”.

La Terra e l’acqua sono le altre due fonti rinnovabili da cui potremo in futuro trarre beneficio per il fabbisogno nazionale. Sempre secondo REN21, l’Italia è già il quarto Paese al mondo per capacità produttiva di energia idorelettica su piccola scala ed è al quinto posto per l’utilizzo del geotermico. Gli USA, che nel piano delineato da Obama sfrutteranno sempre di più le fonti di energia rinnovabile, devono invece recuperare terreno. “Grazie al Pioneer Energy Efficiency Assistence Program oggi vengono offerti incentivi che coprono fino al 65% della spesa iniziale per l’installazione di sistemi fotovoltaici, eolici, geotermici e idroelettrici”, spiega John Pabone, presidente della società JPHomefunding che aiuta i privati a ottenere finanziamenti per trasformare la bolletta elettrica nella rata di un mutuo per generatori basati su fonti di energia rinnovabile, “i finanziamenti per coprire la spesa rimanente sono visti come una delle risorse trainanti per l’economia di un futuro ecosostenibile”.

venerdì 24 aprile 2009

ERIKA TI AMO


Erika de Nardo è bella, intelligente, laureata in lettere e pure famosa. Quando uscirà dal carcere avrà davanti a se un’avvenire roseo e potenzialmente dorato. Per quanto da una parte la cosa mi faccia piacere, perchè Erika è senz’altro una persona “fuori dalla norma”, dall’altra non riesco a non chiedermi se sia giusto che una ragazza che ha ucciso la madre e, soprattutto, il fratellino di 4 anni  abbia ancora il diritto a vivere la sua vita spensieratamente e produttivamente. Certo, gli anni di carcere se li è fatti ed è stata lei brava a trarne il maggior vantaggio possibile, studiando e applicandosi verso una laurea triennale per altro senza le distrazioni che ne avrebbero caratterizzato l’esistenza se fosse stata fuori. Forse l’unica cosa veramente ingiusta è il suo status di “quasi celebrità” dove anche il suo esame di laurea va in prima pagina sul Corriere online. D’altra parte si sa che uccidendo si diventa famosi. Il mio film preferito, Assassini Nati, l’ha dimostrato tanti anni fa (nel 1994). Eppure loro non avevano ammazzato il fratellino innocente. 

martedì 21 aprile 2009

4.000.000.000.000


Il seguente articolo è apparso sul blog dell’economista Nouriel Roubini oltre una settimana fa (il 10 aprile) e, come potete leggere, anticipava già con discreta certezza la nuova stima dell’FMI di 4 triliardi di dollari di perdite globali (che, anche solo per l’immensa quantità di soldi di cui stiamo parlando, non può certamente escludere a priori un crollo dell’economia globale)

A questo punto vorrei capire come mai questo dato è stato riportato dal Corriere.it solo oggi (21 aprile) e soprattutto come mai è stato riportato esattamente due giorni dopo che il ministro dell’economia Giulio Tremonti ha fatto la seguente dichiarazione: “Finito l’incubo delle borse: nessuno pensa più a un crollo globale della finanza, la gente ha tirato un respiro di sollievo”. Mentre Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, rincarava: «Crisi, il peggio è passato, da luglio ci sarà inversione di tendenza». E puntualmente, dopo le loro dichiarazioni, gli indici borsistici europei sono crollati. Ora, visto che la stima semiapocalittica dell’FMI (che ha rivisto il dato delle perdite da 2,2 a 4 triliardi di dollari) era praticamente di pubblico dominio da 10 giorni, le possibilità sono due: o i due massimi rappresentanti dell’economia italiana sono due deficienti oppure sono dei bugiardi con un’agenda nascosta.

Ecco la prima parte dell’articolo di Roubini tradotta in italiano:

Un anno fa questo autore aveva predetto che le perdite delle istituzioni finanziarie sarebbero state pari ad almeno 1 triliardo di dollari e fino a 2 triliardi di dollari. Al tempo queste stime furono considerate rozzamente esagerate da parte degli ottimisti naïve che avevano in mente cifre intorno ai 200 miliardi di dollari per le perdite legate ai mutui subprime. Ma, come abbiamo già fatto notare in questo forum, le perdite si sono rapidamente espanse oltre i mutui subprime con l’economia USA che è sprofondata in una devastante crisi economica e in una brutta recessione. È stato quindi ammesso che avremmo visto perdite crescenti su mutui subprime, near prime e prime, proprietà immobiliari e commerciali, carte di credito, prestiti auto, mutui accademici, prestiti industriali e commerciali, corporate bonds, sovereign bonds, bond di stato e bond municipali; oltre a perdite consistenti su tutti gli asset (CDO, CLO, ABS e tutto l’alfabeto dei derivati).

Quindi, nel giro di pochi mesi, l’FMI è arrivato a stimare le perdite in 945 miliardi di dollari, cifra poi rivista a 1,4 triliardi e a 2,2 triliardi per l’inizio del 2009. E alla fine del 2008 le perdite delle banche avevano già superato 1 triliardo (la nostra stima iniziale) Ma se pensate che 2,2 triliardi fosse già una cifra enorme, le nuove stime di RGE Monitor pubblicate a gennaio 2009 suggerivano che il totale delle perdite sui prestiti emessi dalle banche e il conseguente calo nel valore di mercato dei loro asset sarebbe stato, all’apice negativo, pari a 3,6 triliardi di dollari (1,6 triliardi per i prestiti e 2 triliardi per i titoli). Le banche e i broker americani sono esposti per metà di questa somma, 1,8 triliardi di dollari. Il resto appartiene ad altri istituti finanziari negli USA e all’estero. Il capitale a supporto degli assett bancari era di 1,4 tirliardi di dollari l’autunno scorso, lasciando gli USA scoperti per 400 miliardi di dollari. Quindi sono necessari altri 1,4 triliardi di dollari per riportare le banche al livello pre-crisi e risolvere la stretta creditizia ristabilendo il credito per il settore privato.

Queste cifre suggeriscono che il sistema bancario statunitense è di fatto quasi insolvente nel complesso. Ciò non significa che tutte o anche la maggior parte delle istituzioni siano insolventi ma molte di esse lo saranno – al picco negativo – con grandi carenze di capitale. Certamente il tempo potrà rimarginare molte ferite e con il costo del denaro a zero e la crescita dei margini d’interesse netti, alcune banche potranno riscostruire il proprio capitale un poco alla volta nonostante le gravi perdite dovute al riprezzamento di prestiti e securities. Ma alcune istituzioni sono così danneggiate che non riusciranno a riprendersi nonostante le condizioni favorevoli.

*Da notare che la differenza tra la stima di 3,6 miliardi di RGE e quella di 2,2 miliardi dell’FMI nonostante entrambi abbiano utilizzato lo stesso approccio analitico è dovuta al fatto che l’FMI ha guardato solo al tasso di delinquenza sui debiti mentre RGE ha esaminato la situazione prendendo in considerazione l’intero scenario dell’economia USA (decrescita, calo nel prezzo delle case, aumento della disoccupazione).

Ora però è stato riportato che l’FMI rivedrà la stima delle perdite creditizie a 4 triliardi di dollari. Di questa stima 3,1 triliardi sono le perdite originate da prestiti e asset delle istituzioni americane, mentre 0.9 triliardi sono le perdite originate da istituzioni europee e asiatiche. Visto che le stime di RGE sono relative alle perdite originate dalle istituzioni americane, il paragone va fatto sulla stima di 3,6 miliardi di RGE e quella di 3,1 miliardi dell’FMI. A questo punto le stime dell’FMI e di RGE stanno convergendo verso un dato molto simile.

giovedì 16 aprile 2009

LA SPIRALE DEL DEBITO

Dopo la crisi della bolla finanziaria legata ai mutui subprime e alle derivate, dopo la crisi della bolla immobiliare, dopo la conseguente crisi azionaria e in piena crisi economica, molti economisti ed analisti pensano (e temono) che la prossima ondata di tsunami finanziario, soprattutto negli USA e nel Regno Unito, sarà dovuta alla crisi del credito, inteso come la crisi legata all’insolvenza dei consumatori sulle carte di credito.

La banca d’affari JP Morgan Chase, pur riportando risultati complessivi superiori alle previsioni nell’ultimo trimestre, ha dovuto stanziare 10 miliardi di dollari per coprire le previste insolvenze sulle carte di credito - il doppio di quanto aveva stanziato l’anno precedente – e ha avvisato che, se l’economia dovesse peggiorare, la somma potrebbe essere ancora più consistente.

Chiunque abbia vissuto qualche anno in America o in Inghilterra, ve lo garantisco, direbbe (sarcasticamente): “Ma va?” Lo direbbe perchè saprebbe benissimo quanto siano indebitati americani e britannici con le carte di credito e quanto questo sistema potesse essere mantenuto solo attraverso la crescita costante dell’economia, dei salari e degli introiti.

Facciamo un esempio: nel 1994 un giovane ragazzo al primo anno di college riceve una carta di credito con una linea di credito pari a 500 dollari. Sapendo (perchè viene da una famiglia relativamente istruita) che le carte di credito sono potenzialmente pericolose, si prefigge di non utilizzarla se non in situazioni d’assoluta necessità. Così, per gli anni del college, in cui è mantenuto dai genitori, la utilizza poco e responsabilmente, pagando puntualmente e interamente ogni mese la cifra presa in prestito.

Attraverso il suo sistema informatico il gestore della carta di credito identifica il ragazzo come un debitore responsabile e, senza averne ricevuto richiesta, aumenta la linea di credito a 1.000 dollari. Il ragazzo si sente premiato per il suo comportamento giudizioso e più sicuro della sua capacità di gestire il credito. Così comincia a utilizzarla con maggiore frequenza, fa un po’ più di spese ma paga sempre puntualmente (anche se non sempre l’intera somma e comunque sempre più del minimo richiesto).

Nel frattempo il ragazzo si laurea. Trova un primo lavoro che paga abbastanza per coprire l’affitto, la macchina e qualche extra. Il suo giro d’affari comunque aumenta notevolmente (da entrate pari a 0, d’altra parte, qualsiasi aumento è esponenziale). Per comodità paga alcune bollette automaticamente, grazie alla carta di credito, ma poi è sempre puntuale col pagamento mensile. Si sente sicuro e chiede che il limite di spesa venga alzato ulteriormente. Visto che utilizza la carta regolarmente e paga puntualmente ormai da alcuni anni, la società titolare della carta alza la linea di credito a 3.600 dollari.

Il ragazzo lavora, guadagna e vuole avere delle cose che dimostrano la sua capacità di guadagnare. È costantemente circondato di cose belle che lo chiamano dalle vetrine dei negozi e attraverso i cartelloni pubblicitari: macchine, computer potentissimi, televisori giganti, lettori di dvd. Così ogni tanto si compra qualcosa con la sua carta di credito. Tanto ormai guadagna quasi 2.000 dollari al mese e un pagamento di 100 dollari neanche lo si sente. Ha bisogno di un computer, di un monitor, di una stampante, di un bel televisore, di un cellulare, di un lettore mp3, di un condizionatore. Tutte cose che può permettersi e che quindi compra con la sua carta di credito, così non sente il “dolore” di spendere i soldi faticosamente guadagnati.

Un giorno, una nuova società di carte di credito, decisa ad impostare una strategia aggressiva per togliere quote di mercato ai più affermati rivali, ottiene i suoi dati e gli fa pervenire una carta di credito nuova e fiammante con un limite di 10.000 dollari e un tasso d’interesse annuale per i primi sei mesi di 0,0%. Ancora una volta il ragazzo si sente premiato per la sua responsabilità. Sente anche una nuova sensazione non del tutto spiacevole: si sente ricco. Se volesse, domani potrebbe andare in un negozio e spendere 10.000 dollari. Ma naturalmente non lo farebbe mai, perchè lui è un tipo in gamba, intelligente e responsabile.

Un giorno però la sua vecchia macchina si rompe. Lui ha qualche soldo messo da parte ma non vuole spenderli perchè gli servono in caso di vere emergenze. Visto che molta gente compra l’auto a rate lui decide di fare lo stesso, solo che la metà del suo reddito è in nero e non essendo assunto a tempo indeterminato non otterrebbe mai un prestito, senza un adeguato pagamento anticipato. Così prende la sua carta di credito e senza guardare in faccia a nessuno mette giù 8.000 dei 12.000 dollari che gli servono. Per il resto è un gioco da ragazzi ottenere un prestito da una banca amica del rivenditore d’auto.

Copre le rate con facilità. Il minimo sarebbe 160 dollari per la carta di credito e circa 50 dollari per il prestito bancario. Lui spesso paga anche il doppio e il suo “credit rating” aumenta. Aumenta così tanto che lo notano anche altre banche titolari di carte di credito. Una di queste gli invia una carta di credito da attivare, con una linea di credito di 13.500 dollari e un tasso d’interesse annuo dello 0.0% per i primi sei mesi. Il ragazzo, che non è stupido, sa che trasferendo il suo debito dell’altra carta di credito (che tra un mese avrà un tasso d’interesse annuo del 14,9%) e del prestito bancario risparmierebbe notevolmente (almeno per sei mesi) e si attiva subito per trasferire il totale sulla nuova carta.

Il sistema di “credit rating” lo identifica quindi come un “agente” con la possibilità di effettuare singoli pagamenti da oltre 10.000 dollari e il suo status migliora ulteriormente. Lui stesso, alla guida di una macchina nuova, si sente molto più benestante e intitolato a uno stile di vita più consono al suo nuovo status. Chiede nuove carte di credito e le ottiene, soprattutto quelle per il credito al consumo. Anche se il suo stipendio è rimasto pressoché invariato, il suo potere d’acquisto si avvicina ora ai 35.000 dollari.

Nel frattempo il suo bel televisore è vecchio perchè sono usciti i modelli piatti. Il suo computer è antico e non riesce neanche a navigare in rete. Ogni giorno escono nuovi film, nuova musica e nuovi videogiochi. E poi aveva sempre voluto avere una moto. Tutto sommato pagare due rate con 400 dollari o pagarne una sola è la stessa cosa... sempre di 400 dollari al mese si tratta. Così si concede qualche sfizio, senza esagerare. Però senza quella moto proprio non può più vivere...

Comprare cose nuove è la cosa più bella che c’è, subito dopo averle comprate. Una settimana dopo, però, il senso di benessere si affievolisce e lui non riesce a scrollarsi di dosso la sensazione che gli manchi qualcosa. Decide di fare un viaggio all’estero, in Europa, a trovare alcuni amici del college e nuove strade. Sta via per due mesi e quando torna si trova con pochi soldi in banca, due mesi d’affitto arretrato, tre rate mensili dell’assicurazione dell’auto, tre rate per ogni carta di credito, tre mesi di bollette, due multe per sosta vietata e la macchina guasta.

Il ragazzo non è stupido. Sa di non aver scelta. Chiama altre banche e ottiene nuove carte di credito. Poi si fa trasferire tutto il credito rimasto al suo conto in banca e scappa via, lasciandosi dietro un buco da 50.000 dollari accumulati in 7 anni.

Questo è quello che accade in 7 anni a un ragazzo intelligente, mediamente istruito che parte da una linea di credito di 500 dollari. Proviamo ora a immaginare quello che succederebbe in 7 anni a un uomo meno istruito, che, tra mille fatiche, è riuscito a ottenere un mutuo di 150.000 dollari per comprare una casa e che, poco dopo aver effettuato puntualmente i primi pagamenti mensili, riceve carte di credito con una linea di credito pari al triplo... Oppure a un piccolo industriale che rileva una piccola società grazie a un prestito di 500.000 dollari... Tutto va bene fino a quando la casa continua ad aumentare di valore, fino a che c’è tanto lavoro che paga bene, fino a quando c’è richiesta di prodotti e manodopera... Fino a quando la bolla esplode.

sabato 21 marzo 2009

IL BOOMERATZINGER

Oggi ho letto sul Corriere.it che "finalmente è stato rimosso dalla giunta comunale il crocifisso con profilattico esposto alla mostra PAN di Napoli".

In questo caso, come nel caso della dichiarazione di Ratzinger sui preservativi in Africa ("non servono a prevenire l'AIDS"), la Chiesa cattolica e la religiosità cristiana di stampo bigotto si fanno male da sole.

Il Papa perchè non può che perdere ulteriori consensi e aggravare la crisi del cattolicesimo nel mondo; chi invece ha fatto rimuovere il crocifisso perchè, grazie al loro intervento, un'opera d'arte (apertamente critica della morale cattolica) di cui il 99% di noi non sarebbe mai venuto a conoscenza è divenuta di pubblico dominio... e a me sembra anche un concetto interessante o per lo meno (intellettualmente) "stimolante".

mercoledì 18 marzo 2009

COSA CI ASPETTA

Come spiega ampiamente e dettagliatamente il grande economista Nouriel Roubini nell'intervento riportato nel mio post precedente (NESSUNA RIPRESA IN VISTA) una ripresa reale, sostenuta e duratura dell'economia globale e dei mercati finanziari è ancora lontana.

Ci aspettano tempi ancora più difficili, potenziali crolli dei fondi sovrani, insolvenze e bancarotte nazionali, disoccupazione dilagante, una nuova esplosione di movimenti indipendentisti e anche terroristi, diffusione dilagante dei narcotici più distruttivi predandosi sulla perdita di speranza delle popolazioni ricche e sulla disperazione delle popolazioni povere, conflitti regionali e violenza a tutti i livelli, dalla famiglia all'oppressione dei padroni verso lavoratori, cittadini e immigrati.

L'ultima volta che il mondo ha vissuto una crisi strutturale di queste dimensioni era durante la Grande Depressione e il risultato è stato la distruzione totale della Seconda Guerra Mondiale che ha permesso al mondo di vivere in seguito una fase di ricostruzione e ricchezza senza paragoni (che, ovviamente, non è stata sfruttata nel modo giusto).

Quindi cosa ci riserva il futuro? Paradossalmente il nucleare, che ha sancito la fine della Seconda Guerra Mondiale, potrebbe continuare a essere l'unico e elemento che ci protegge dalla guerra su larga scala. Un capo di Stato irrazionale e non attualmente coinvolto nel giro degli Stati che governano il mondo (quindi Kim Il Sung della Corea del Nord, Ahmadinehjad dell'Iran o Asif Ali Zardan del Pakistan) potrebbero (ma io credo che sia un'eventualità assai remota) decidere di usare una bomba atomica contro uno stato nemico ma è difficile che i capi delle altre potenze atomiche (Russia, America, India, Francia, Israele, Cina) accettino di confrontarsi su scala atomica perchè il loro interesse comune è nel dominare, opprimere e sfruttare il mondo e le sue risorse ed è impossibile sfruttare un mondo avvolto dall'inverno nucleare.

Quindi, grazie al nucleare, la guerra mondiale (purtroppo per i capi mondiali che avrebbero sicuramente preferito l'opzione di mandare al massacro milioni e milioni di persone per favorire il boom produttivo del business bellico ed eliminare più rapidamente, tra morti, soldati e nuovi impieghi nell'industria bellica, la disoccupazione) non è più una possibilità e la ripresa dovrà avvenire in modo molto più graduale.

Come ho scritto in una blog entry di alcuni mesi fa (A DARK FUTURE FOR AMERICA, dicembre 2008) il regista James Cameron è stato un visionario quando nel serial tv da lui realizzato nei primi anni 2000, Dark Angel, ha ipotizzato l'America afflitta da una depressione economica in un futuro prossimo altamente tecnologico. E' proprio questo, in effetti lo scenario più plausibile.

I soldi sono finiti. Negli sprechi dell'ultimo ventennio sono stati bruciati non solo quelli da investire oggi ma anche quelli da investire domani, dopodomani e per i prossimi 10-50 anni. Questo significa che invece di avere miliardi di dollari (o euro, yuan, yen, rubli) da investire in idee strampalate e schemi truffaldini, ci saranno pochi milioni (o migliaia) di dollari (o euro, yuan, yen, rubli) da investire nelle idee più geniali, concrete e limpide che la mente umana saprà inventare.

Paradossalmente questo potrebbe essere un bene. Visto che dovremo anche fare i conti con la crisi ambientale ci sarà una spinta verso la creazione di tecnologie in grado di ottimizzare i consumi oppure verso tecnologie davvero innovative come la meccanica quantistica, le nanotecnologie (vedi blog entry SARANNO LE NANOTECNOLOGIE A TRAINARE LA RIPRESA?) e le cellule staminali, che hanno fatto progressi in questi ultimi anni senza beneficiare del doping finanziario derivante dai capitali azionari o governativi (visto che le banche hanno puntato sulla pura speculazione finanziaria del credito subprime/ponzi (vedi blog entry I PONZI SIETE VOI) e il governo Bush ha tagliato i fondi governativi alla ricerca sulle cellule staminali embrionali come sua prima decisione esecutiva dopo aver preso il potere con un colpo di stato giudiziario nel 2001.

Questo significa che quando, tra due, tre, quattro o anche cinque anni il mercato avrà raggiunto il suo punto più basso ed eliminato tutte le tossine finanziarie (ammesso che ciò sia possibile ma, per quanto un poco mi spiaccia ammetterlo, perchè, per come ci siamo comportati, non ce lo meritiamo, la possibilità concreta di una ripresa, basata forse su un diverso ordine globale, esiste) comincerà di nuovo a crescere ma lo farà a tassi molto moderati, come d'altra parte accade in qualsiasi mercato che non è gonfiato dalle truffe Ponzi, rallentato ulteriormente dalla zavorra dei debiti che abbiamo accumulato. A questa crescita debole ma prolungata (azionaria ed economica) non corrisponderà un benessere fasullo e sprecone come nel ventennio a cavallo del millennio ma corrisponderanno invece progressi tecnologici significativi (non necessariamente benefici).

L'evoluzione politica e sociale del mondo è interamente un altro discorso. Nei prossimi anni, sotto questo aspetto, vedo solo grandi passi indietro. Se la nostra crescita tecnologica sarà gestita nella maniera giusta sul lungo periodo (cosa che dubito) potremo avere anche una crescita sociale ma credo che prima che ciò succeda dovranno avvenire grandi cambiamenti che oggi non possiamo neanche immaginare.

I MIEI ALTER EGO



ALEISTER CROWLEY

venerdì 13 marzo 2009

I PONZI SIETE VOI!

ALTRO CHE FONZIE... PONZI FA RIMA CON STRONZI







Da Roubini Global Econmonitor (www.rgemonitor.com)

Gli americani hanno vissuto in una Ponzi-economia inventata (un gigantesco schema piramidale) per un decennio o forse più. Bernie Madoff è lo specchio di un’economia Americana “made-off” (inventata, appunto) e dei suoi agenti sovraesposti: un castello di carte di acrobazie finanziarie da parte di famiglie, società d’investimento e corporation che ora è crollato.

Quando l'individuo ottiene un mutuo con un deposito di zero dollari per comperare una casa e quindi non ha alcun capitale nel valore della proria casa, la sua leva è virtualmente infinita e sta quindi entrando nel gioco Ponzi (lo schema piramidale).

E la banca che gli ha dato, senza alcuna garanzia, un prestito NINJA (No Income, No Job and Assets) bugiardo, di cui per anni puoi ripagare solo l’interesse, con ammortizzazione negativa e un tasso iniziale accattivante, stava anch’essa giocando con il sistema Ponzi (piramidale).

E le società d’investimento che hanno messo insieme più di un triliardo di dollari di LBO (Leveraged Buyouts: l’acquisizione di una società da parte di un’altra società usando quasi esclusivamente denaro preso in prestito) negli ultimi anni con un rapporto debito/guadagni superiore a 10 erano anch’esse società Ponzi che giocavano con lo schema Ponzi.

E un governo che stipula triliardi di dollari di nuovi debiti per pagare per questa grave recessione e socializza le perdite private rischia di diventare un governo Ponzi se – nel medio periodo – non si riporta su una linea fiscale disciplinata e basata sulla sostenibilità del debito.

E un Paese che – per oltre 25 anni – ha speso più di quanto guadagnava e ha attuato una serie infinita di deficit contabili ed è così diventato il più grande debitore estero del Mondo (con un debito estero netto che potrebbe superare i 3 triliardi di dollari entro la fine di quest’anno) è anch’esso un Paese Ponzi che potrebbe a un certo punto diventare insolvente se non riesce – in tempo e per tempo – a stringere la cinghia e diminuire i deficit nel budget fino a trasformarli in surplus.

Quando, costantemente, anno dopo anno, consumi più di quello che guadagni (una famiglia con risparmi al passivo, un governo con un deficit del buget, un società o istituto finanziario con continue perdite, un Paese con un deficit contabile) stai giocando al Ponzi game: in termini economici non stai soddisfacendo i requisiti intertemporali del tuo budget a lungo termine, contraendo prestiti per pagare gli interessi dei debiti precedenti, e stai quindi seguendo una dinamica di debito insostenibile (con il debito che cresce più rapidamente dell’interesse) che alla fine porta all’insolvenza.

Secondo la teoria economica, gli agenti Ponzi sono coloro (famiglie, aziende, banche) che hanno bisongo di contrarre prestiti per ripagare sia il prestito iniziale sia gli interessi del proprio debito: hanno bisongo di incrementare costantemente il valore di ciò in cui hanno investito per continuare a finanziare i loro obblighi verso i creditori.

Secondo questo standard, i nuclei famigliari statunitensi il cui debito è passato dal 65% delle entrate quindici anni fa al 100% delle entrate nel 2000 e al 135% delle entrate oggi stavano giocando al Ponzi game.

Un’economia dove il rapporto debito/PIL (di famiglie, società finanziarie e corporation) è oggi pari al 350% è una Ponzi-economia made-off (inventata). E ora che il valore delle case è sceso del 20% e cadrà di un’’altro 20% prima di raggiungere il livello minimo, ora che il valore delle azioni è crollato del 50% (e potrebbe scendere ancora), usare le case come bancomat e contrarre prestiti contro il valore della casa per finanziare il consumo Ponzi non è più attuabile. La festa è finita per le famiglie, le banche e le corporation sovraesposte.

Lo scoppio della bolla immobiliare e della bolla azionaria e della bolla degli hedge fund e della bolla del credito ha dimostrato che la ricchezza che ha supportato l’enorme esposizione economica e le spese insostenibili degli agenti dell’economia era una ricchezza falsa creata dalle bolle. Ora che queste bolle sono scoppiate è chiaro che l’imperatore era nudo e che gli americani sono l’imperatore nudo. La crescita delle bolle nascondeva il fatto che la maggior parte degli americani e delle loro banche stavano nuotando nudi: lo scoppio delle bolle è la bassa marea che ha mostrato a tutti chi era nudo.

Madoff ora passerà il resto dei suoi giorni in galera. Le famiglie americane, le società finanziarie e le società non finanziarie passeranno la prossima generazione nella prigione del debito, con l’obbligo di ridurre al minimo spese e consumi per ripagare le perdite inflitte da più di un decennio di investimenti scriteriati, consumi esagerati e rischi sconsiderati.

Americani, guardatevi allo specchio: Madoff siete voi e i Ponzi siete voi!

martedì 10 marzo 2009

NESSUNA RIPRESA IN VISTA

Da Roubini Global Econmonitor (www.rgemonitor.com)

I recenti e marcati cali nel valore delle azioni negli USA e nel Mondo, non implicano un conseguente rialzo immediato e, anzi, sussistono rischi di ulteriori cali nel mercato azionario. Le brevi corse al rialzo (i “bear market rallies”) sono destinate a rimanere episodiche e isolate, schiacciate sotto il peso di notizie sempre peggiori sull’andamento macro-economico delle aziende e dei mercati finanziari.

Seguendo un approccio macroscopico, i guadagni per azione delle aziende nel listino S&P 500 potrebbero essere realisticamente tra i 50 e i 60 dollari (alcuni sostengono che potrebbero scendere fino a 40 dollari). La domanda è quale sarà il moltiplicatore, cioè il rapporto prezzo/guadagni (P/E – Price/Earnings) su tali guadagni. È lecito affermare che questo moltiplicatore scenderà fino a un valore di 10-12 in una recessione di media lunghezza (a forma di U). Quindi, anche nel migliore scenario possibile (guadagni a 60 e P/E a 12), l’indice S&P arriverebbe a 720. Se i guadagni saranno più vicini ai 50 dollari e il rapporto P/E inferiore a 10, l’S&P portrebbe scendere sotto i 600 o addirittura sotto i 500 punti. Secondo lo stesso concetto il Dow Jones potrebbe al massimo fermarsi a 7.000 o addirittura scendere fino a 6.000 o 5.000. Usando lo stesso ragionamento i valori azionari globali (seguendo quelli statunitensi) rischiano di calare di un altro 20%.

Queste previsioni sono state stilate quando l’S&P era ancora vicino ai 900 punti e il DJIA (Dow Jones Industrial Average) era vicino ai 9.000: l'analisi generica che ne è conseguita è la ragione per cui abbiamo sostenuto che l’ultimo “bear market sucker’s rally” (letteralmente la “corsa degli sfigati”, cioè la breve crescita dei valori azionari legati agli acquisti di investitori troppo ottimisti e destinati a rimanere “fregati”), tra novembre 2008 e gennaio 2009, si sarebbe esaurito e sarebbero stati raggiunti nuovi picchi negativi. Infatti. Come i rally precedenti, anche questo è crollato di oltre il 20%, con il DJIA e l’S&P che sono scesi al di sotto dei 7.000 e dei 700 punti rispettivamente. Ora che entrambi sono ben al di sotto del livello “7”, il prossimo test verrà quando caleranno al di sotto di valori pari a 6.000 e 600 per i due indici.

Un nuovo bear market rally potrebbe ripetersi nel secondo e terzo trimestre di quest’anno e finirà come i precedenti sei. Negli ultimi 12-18 mesi, ogni volta che si è verificato un evento drammatico (che ha trascinato gli indici a nuovi record negativi) e il governo ha reagito con una politica più aggressiva, gli ottimisti sono usciti allo scoperto dichiarando che l’ennesimo evento drammatico e catartico in questione ha rappresentato il raggiungimento del punto più basso da cui deve iniziare la ripresa reale: l’hanno detto dopo Bear Sterns, dopo il collasso e il salvataggio di Fannie Mae e Freddy Mac, dopo Lehman Brothers, dopo AIG, dopo l’annuncio del TARP (Trouble Assets Relief Program), dopo il comunicato del G7, dopo lo stimolo fiscale da 800 miliardi di dollari (che ha segnato l’avvio del più recente sucker’s rally).

E dopo poco tempo i mercati sono stati nuovamente scioccati nello scoprire che le notizie macroeconomiche erano molto peggio delle previsioni sia negli USA che all’estero. Che i guadagni erano molto più bassi delle attese non solo per operatori finanziari, agenti immobiliari, costruttori edili e aziende dirette ai consumatori ma anche per aziende non legate al settore finanziario, e che i mercati, le performance dei gruppi d'investimento e le notizie generali sono peggiori di quanto ci si aspettasse.

Come abbiamo ripetuto più volte sono molte le notizie negative legate a queste aziende/mercati finanziari: notizie che sempre più istituti finanziari sono di fatto insolventi e dovranno essere acquisiti dai governi; notizie che istituti molto in leva, come gli hedge fund, dovranno svincolarsi ulteriormente e quindi vendere proprietà non-liquide in mercati non-liquidi, notizie che anche gli investitori meno in leva (retail, mutual fund, ecc), che hanno perso oltre il 50% del valore azionario, vogliono ridurre la propria esposizione azionaria; e notizie che tutta una serie di economie emergenti è oggi sull’orlo di una crisi finanziaria contagiosa.

Come mai anche le piccole economie dei mercati emergenti influenzano il prezzo dei valori di rischio a livello globale? Prendiamo ad esempio l’Islanda, una piccola isola con 300.000 abitanti nel mezzo dell’Atlantico: le banche locali hanno preso in prestito dall’estero denaro per un valore pari a 12 volte il PIL del Paese e l’hanno investito in titoli tossici. Ora le banche sono fallite e lo stato è fallito, in quanto le banche erano troppo grandi per essere salavate: allo stesso modo le banche che rivendono asset non liquidi in mercati globali non liquidi hanno un effetto a catena sui mercati.

Chiaramente non possiamo escludere un bear market sucker’s rally nel Q2 o Q3 2009. A trainarlo saranno le notizie sui miglioramenti nella crescita economica in USA e Cina grazie agli stimoli approvati dai rispettivi governi. Ma subito dopo (nel Q4) gli effetti degli sgravi fiscali e degli annunci di investimenti sulle infrastrutture si esauriranno, visto che la maggior parte dei lavori sulle infrastrutture hanno bisogno di almeno un anno solo per essere iniziati (per essere portati a termine richiedono molto più tempo). Allo stesso modo, in Cina, lo stimolo fiscale offrirà un falso incremento alle attività produttive non quotate mentre il settore quotato e l’industria manufatturiera continuerà a contrarsi. Vista la severità degli squilibri macroeconomici, immobiliari, finanziari e corporativi negli Usa e nel mondo questo sucker’s rally si esaurirà come i 5 che l’hanno preceduto.

Quali sono i rischi maggiori, secondo queste previsioni pessimistiche, per i valori azionari statunitensi e globali? Lo scenario più pericoloso è, come abbiamo già detto, quello di una quasi-depressione a lungo termine, molto più grave delle recessione a medio termine in cui ci troviamo attualmente. Se si verificasse una quasi-depressione non si potrebbe escludere un ulteriore calo del 40-50% dei valori azionari americani e globali. Ma in questa quasi-depressione i mercati azionari sarebbero l’ultima delle preoccupazioni: ci sarebbero problemi più gravi da affrontare come tassi di disoccupazione a più del 15% e un periodo multiannuale di stagnazione/deflazione.

Lo scenario migliore è quello di una ripresa sostenuta che avvenga più rapidamente delle nostre previsioni, grazie agli stimoli in USA e in altri Paesi. Una ripresa duratura (contrappopposta a una ripresa temporanea) è improbabile ma l’argomentazione ottimistica (bullish) finalizzata a contrastare un mercato pessimistico (bearish) è basata su una capacità di ripresa delle economie americane e globali superiore alle aspettative.

Il problema è che, con l’economia americana e globale in grave difficoltà e con le forze deflazionarie al lavoro, è difficile credere che possa verificarsi una massiccia ripresa nel 2010 che faccia impennare i gudagni: anche nel caso ottimistico che ci troviamo in una recessione a medio termine, la crescita USA nel 2010 sarà inferiore all’1% e quella dell’Eurozona sarà intorno allo 0%. Quindi, con una crescita così lenta la pressione deflazionaria sarebbe ancora presente, mettendo ulteriore pressione sui profitti e sulla capacità delle aziende di stabilire i prezzi e quindi i margini. In questo scenario una crescita rapida e sostenuta dei valori azionari è altamente improbabile.

È vero che generalmente il prezzo delle azioni guarda avanti e tende a raggiungere il livello minimo circa 6-9 mesi prima della fine della recessione, intravedendo la luce alla fine del tunnel. Quindi gli ottimisti che vedono una ripresa nella seconda metà del 2009 sostengono che la ripresa dovrebbe iniziare adesso. Ma questa recessione potrebbe non concludersi nel 24° mese (dicembre 2009). È più probabile che i tassi di disoccupazione aumentino nel 2010 fino a più del 10% e che la crescita sia così lenta (0-1%) che rimarremmo in una recessione tecnica per gran parte del 2010. Quindi gli indici azionari toccherebbero il loro valore minimo verso la fine del 2009 o addirittura nel 2010.

Inoltre non sempre i valori azionari guardano avanti di 6-9 mesi. Nell’ultima recessione il settore economico ha raggiunto il punto minimo nel novembre del 2001 e la crescita del GDP era già robusta nel 2002. Ma il mercato azionario ha continuato a calare fino al primo trimestre del 2003. Quindi non solo i trend dei mercati azionari non sono stati in grado di precedere la ripresa ma addirittura sono arrivati 18 mesi più tardi. Uno scenario simile potrebbe verificarsi anche questa volta: l’economia reale esce dalla recessione nel 2010 ma la crescita è così debole che le forze deflazionarie mantengono un ulteriore blocco sulla capacità delle corporation di fissare i prezzi e quindi determinare i margini di profitto, con varie false partenze dell'ottimistico bullish market.

Molto probabilmente dovremo allacciarci le cinture e prepararci per nuovi minimi dei titoli americani e globali nei prossimi 12-18 mesi. Un ripresa forte potrà avvenire quando riusciremo a intravedere segnali chiari che questa recessione globale a medio termine non si stia trasformando in una quasi-depresisone a lungo termine. Fino ad allora possiamo aspettarci titoli azionari volatili e performance frammentate, con nuovi picchi minimi raggiunti nei prossimi mesi e per tutto il corso del 2009.

venerdì 6 marzo 2009

SARANNO LE NANOTECNOLOGIE A TRAINARE LA RIPRESA?

Il giro d’affari dei prodotti che utilizzano materiali basati sulle nanotecnologie ha quasi raggiunto i 150 miliardi di dollari e potrebbe arrivare a 3 triliardi entro il 2015: è la via per uscire dalla crisi o un nuovo potenziale rischio per le persone e per il pianeta?

Nel 2001, dopo lo scoppio della bolla speculativa di Internet, i più ottimisti avevano già ipotizzato una ripresa trainata da una nuova tecnologia innovativa e rivoluzionaria come l’IT: la nanotecnologia, cioè la capacità di osservare, misurare e manipolare la materia su scale atomiche, molecolari e macromolecolari.

L’idea di manipolare e produrre materiali di dimensioni tra 1 e 100 nanometri (un nanometro è un miliardesimo di metro, equivalente a circa dieci atomi di idrogeno) sembrava fantascienza al pari dei viaggi interstellari ma, facevano notare gli scienziati, era già qualcosa di attuabile, tanto che negli USA il Congresso ha creato proprio nel 2001 la NNI (National Nanotechnology Initiative) per ottimizzare e supportare un investimento di oltre 10 miliardi di dollari da destinare alla richerca e allo sviluppo delle nanotecnologie.

Probabilmente era troppo presto. Investitori e hedge fund hanno preferito puntare sui mutui subprime e sulla bolla edilizia per le loro specualazioni azionarie. Crescendo senza la spinta dai capitali azionari, il giro d’affari dei prodotti che già integrano materiali nanotecnologici ha comunque raggiunto i 146 miliardi di dollari a livello globale e le stime della società Lux Research prevedono una crescita esponenziale, fino a raggiungere i 3,1 triliardi (3.100 miliardi di dollari) per il 2015 (solo qualche mese fa la previsione era di raaggiunge un triliardo)

Oggi con le nanotecnologie si producono indumenti, cosmetici, materiali protettivi per vernici, rivestimenti per varie superifici, e persino chip di memoria e hard disk in grado di registrare enormi quantità di dati ad altissime densità. Nei prossimi anni sono attesi prodotti medici come farmaci e protesi ma le potenziali applicazioni sono virtualmente infinite e addirittura potrebbero rivelarsi in grado di assicurare una migliorata ecocompatibilità dei materiali che utilizziamo. Potrebbe quindi essere questo uno dei campi che trainerà quell’innovazione necessaria a creare il miracolo economico invocato da Obama e altri capi di stato per rilanciare le economie globali.

Al contrario di altre tecnologie più sperimentali, infatti, anche in Italia la ricerca e le attività industriali legate alla nanotecnologia sono in fermento. Questo può essere un segnale importante anche perché, si sa, il nostro Paese è generalmente restio a rischiare investendo su tecnologie che non offrano importanti possibilità di guadagno nel breve e medio periodo.

Nel 2003 è stato creato il Centro Italiano per le Nanotecnologie (Nanotec IT) con la missione di promuovere lo sviluppo e l’applicazione delle nanotecnologie in Italia, al fine di accrescere il posizionamento competitivo del Paese. Ben 20 aziende sono già iscritte a Nanotec IT (tra cui colossi quali Finmeccanica, Pirelli Labs, STMicroelectonrics, ENI), insieme a 18 istituti di ricerca del CNR e altri nove istituti universitari nazionali.

Il futuro di queste tecnologie appare florido, e, più di tanti altri settori, potrebbe rivelarsi strategico anche se deve fare i conti con una forte resistenza ideologica all’idea di manipolare materiali a livello molecolare senza conoscere davvvero tutte le implicazioni di tali processi. Si tratta di paure irrazionali legate all’ignoto o a veri pericoli per la salute nostra e del pianeta stesso?

Per cercare di indirizzare queste lecite preoccupazioni e conoscere a più a fondo il potenziale della nanotecnologia anche e soprattutto a livello economico, il prossimo 23 marzo l’associazione americana Project on Emerging Nanotecnologies terrà una conferenza (a cui sarà possibile partecipare anche via Internet  all’indirizzo www.wilsoncenter.org) a cui parteciperanno numerosi studiosi ed esperti di questo settore.

lunedì 2 marzo 2009

DONNA = PROBLEMI: IL TEOREMA CHE LO DIMOSTRA


Il contributo qui sopra è stato gentilmente fornito da una donna che è la più lampante dimostrazione pratica della veridicità di questo teorema.

mercoledì 25 febbraio 2009

LA GUERRA DEI CAPITALISTI AL CAPITALISMO

La cosa più sorprendente - e preoccupante - dell'attuale crisi economica (a parte il fatto che pochi ricchi si sono giocati tutta la ricchezza di tutta la gente del mondo per decenni a venire) è che a criticare l'ingordigia e l'avidità dei capitalisti non sono i comunisti, i socialisti, gli idealisti o i mistici ma i capitalisti stessi.

I capitalisti "teorici" (gli economisti), oggi sono i critici più severi della gestione politica ed economica dei sistemi finanziari e proprio per questo anche i capitalisti pratici, quella mandria di idioti (soprattutto americani) che ha creduto che bruciare capitali per profitti facili basati sul debito (in quello che, di fatto, è stato un mastodontico schema piramidale, a spese della gente comune, come il dollaro americano ha sempre lasciato intendere) fosse una strategia vincente e infallibile, anche nel lungo periodo, è ora obbligata ad ascoltarli.

Nouriel Roubini e Loretta Napoleoni sono ovunque ultimamente: su Newsweek, ABC, CNBC, CNN, eccetera. Criticano senza mezzi termini la politica economica americana (e, per estensione, occidentale) e individuano soluzioni che per loro stessa ammissione (Roubini meno di Napoleoni) sono utopistiche. La soluzione proposta da Roubini è tanto drastica (per gli americani) quanto irrealizzabile: nazionalizzare le banche. Serenamente lui spiega a un'audience sempre più disperata che l'unico modo per salvarsi è sperare che le banche si lascino comperare dallo stato, che lo stato umilmente e onestamente le ripulisca (comunque a spese dei contribuenti) e che poi altrettanto onestamente le rivenda a nuovi proprietari. La cosa più buffa è che lui gli da una via per uscire dalla crisi ben sapendo che ciò non potrà mai accadere e sottintendendo, quindi, che non c'è una via d'uscita.

Loretta Napoleoni va oltre, spiegando che l'unico modo per ristabilire un'economia sana è fare in modo che tutto il mondo adotti regolamentazioni economico-finanziarie oneste, serie e moralmente legittime. Non può esistere un'economia sana in un mercato globale che ammette la tratta degli schiavi, la schiavitù minorile e sessuale, il narcotraffico, i genocidi e le sanguinose guerre per le risorse. Come può un mercato globale che tollera queste ingiustizie pensare di regolamentare in maniera giusta e onesta il settore finanziario? Naturalmente se la regolamentazione avvenisse solo in America questa sarebbe penalizzata nella competizione globale con gli altri mercati. Tutto questo è giusto e sacrosanto. Ma come può Loretta Napoleoni pensare che i governi globali possano tutt'a un tratto agire d'amore e d'accordo e porre un freno a tutte le ingiustizie del mondo? Non può e sicuramente non lo pensa. Si limita a spiegare la soluzione ipotetica implicando, anche lei, che non esiste una vera soluzione.

Non esiste una soluzione perchè, se lo pseudocomunismo russo è stato condannato dalla corruzione a poco più di 70 anni dalla sua nascita, il capitalismo americano sarà condannato dalla corruzione dilagante ad altrettanto tempo dalla sua rinascita (dopo la crisi del 1929). Così come il comunismo funzionerebbe in un mondo perfetto lo stesso vale per il capitalismo. Ma il mondo non è perfetto e il denaro, così come il potere, logora inesorabilmente. Chi capisce di economia sapeva che il capitalismo è condannato a crollare, per mille tesi matematiche ma anche per un concetto molto semplice: se il profitto rapido (l'instant gratification) è la ragione che muove tutto, non ci sono motivi per fare le cose per bene, i maniera onesta e moralmente giusta in ottica futura. Non ci sono motivi per porre le basi per il futuro perché il futuro non da gratificazione instantanea. Quindi si divorano le fondamenta della società, la ricchezza creata con decenni di lavoro delle masse, per spartire e bruciare tutto in pochi anni. 

Come l'economia, così il pianeta.

domenica 22 febbraio 2009

LA GARA PER IL BOSONE SI SCALDA


Articolo apparso su Panorama.it
http://blog.panorama.it/hitechescienza/2009/02/20/sinfiamma-la-corsa-per-la-particella-di-dio-gli-americani-vicini-alla-scoperta/

Il Large Hadron Collider (LHC), l’acceleratore di particelle del CERN di Ginevra, attivato per la prima volta lo scorso settembre e spento poco giorni dopo per un guasto che lo rende attualmente inutilizzabile, è stato costruito, nel corso degli ultimi 10 anni, con l’obiettivo dichiarato di dimostrare l’esistenza del Bosone di Higgs.

Quella che è stata (fantasiosamente) definita la “particella di dio”, perché spiegherebbe come mai le particelle (e quindi tutto ciò che esiste nell’Universo) abbiano una massa, è l’ultima particella mancante nel modello Standard della fisica subnucleare. Nel 1995, infatti, due gruppi separati di scienziati del Fermilab, l’acceleratore americano situato nello stato di New York, hanno “trovato” l’altra particella mancante, il Top Quark.

Secondo gli scienziati, la scoperta del Bosone, la cui esistenza è stata ipotizzata dal fisico Peter Higgs negli anni ’60 e pare essere supportata da numerose teorie matematiche, sarebbe fondamentale per capire la struttura dell’Universo e spiegare come mai esistono la materia e l’energia oscura (che compongono la maggior parte dell’Universo). Per questo sono stati investiti miliardi di euro nella costruzione dell’LHC che, in teoria, dovrebbe essere talmente potente da accelerare (e far collidere) particelle più “pesanti” (gli adroni) che danno maggiori possibilità di scoprire il Bosone.

Pare però che gli scienziati del Fermilab, ottimizzando il vecchio acceleratore a loro disposizione, possano essere in grado di dimostrare l’esistenza del Bosone entro la fine del prossimo anno. Sarebbe una beffa per gli scienziati del CERN, che al momento stanno lavorando a pieno ritmo per riattivare l’LHC ma che probabilmente non riusciranno a effettuare i primi test fino alla fine del 2009.

Tutto dipende dalle effettive dimensioni del Bosone. Secondo le teorie matematiche la particella mancante avrebbe una massa inclusa tra 184 e 114 GeV (GeV = Gigaelectron Volt: un protone ha una massa di 0,938 GeV). Gli ultimi test realizzati escludono una massa superiore ai 170 GeV ma, più vicina la massa del bosone è a 170 GeV, maggiori sono le possibilità di successo per Fermilab: un Bosone di 150 GeV potrebbe essere scoperto entro la fine della prossima estate, mentre se la massa fosse intorno ai 120 GeV si andrebbe fino alla fine del 2010, con la possibilità per il CERN di rientrare in corsa.

Chiaramente non è una vera gara: molti degli scienziati che lavorano ai due esperimenti sull’acceleratore Tevatron di Fermilab (CDF e DZero) lavorano anche al CERN (e viceversa) e gli USA stessi hanno contribuito con oltre mezzo miliardo di dollari alla costruzione del centro europeo. Se il Bosone venisse individuato da Fermilab, inoltre, la scoperta dovrebbe comunque essere confermata da un altro esperimento indipendente.

Il CERN, che, attraverso gli esperimenti ATALS, CMS, ALICE e LHCb, rappresenta un gigantesco salto in avanti in questo campo dal punto di vista tecnologico, sarà il centro globale della ricerca sulla fisica subnucleare nei decenni a venire e potrebbe poi utilizzare la scoperta del Bosone per portare avanti nuovi esperimenti e studi nel campo della materia e dell’energia oscura.

Altre discussioni impazzano su quanto sia realmente necessario individuare questa particella elusiva, la cui esistenza è stata teorizzata ma mai dimostrata nonostante decenni di costosissime ricerche. Grazie al Bosone, si potrebbero spiegare le teorie relative al Big Bang e all’energia oscura, mentre se la sua esistenza dovesse essere esclusa, tutta la fisica subnucleare moderna andrebbe rivista. Le applicazioni pratiche di questa scoperta sono difficili da immaginare ma, oltre a rappresentare uno dei più ambiziosi progetti di collaborazione internazionale, il CERN ha comunque già offerto molti contributi al mondo moderno in termini di tecnologie, dallo sviluppo dei supporti ottici (CD) a quello di Internet e del GRID (distributed computing).

martedì 17 febbraio 2009

TRIBUTO A MILO MANARA


un disegno di Milo Manara ci sta sempre

sabato 14 febbraio 2009

IL GOVERNO TELEVISIVO


Caro governo,
tu o gli altri siete continuamente migliorati nell'evolvere il significato del termine "governo". Assieme alla televisione, in un tutt'uno incorporato, avete dettato i ritmi e le necessità che deve perseguire un'azione di governo, fino ad arrivare alla tentata istantaneità nel caso del sig. Englaro.
Allora, caro o cari governi, perchè non perseguire nella lungimirante strada? Battiamocene i coglioni dei vostri 20-40.000 al mese di stipendio nell'Italia che cade a pezzi e fottiamocene le balle della lotta di molti, di tutti i colori, per sopravvivere.
Cazzo! La tizia del Grande Fratello ha tirato un porta cenere? E allora si convochi subito il senato, e mezz'ora dopo la camera voti se è reato penale o meno. In 3 giorni, lasciandovi il weekend, sancite e scrivete in gazzetta quanto rischia. Allora forse gli italiani vi saranno grati per la vostra illuminata ........., cercando al solito di imitarvi.

zio

venerdì 13 febbraio 2009

INFORMAZIONE UNIVOCA


Anche me non fa impazzire Santoro. Ma Gasparri mi fa davvero schifo.

giovedì 12 febbraio 2009

IL PAPA E I RELIGIOSI SONO SOLO DEGLI IPOCRITI

Dando il giusto credito a chi, come e più di me, sa come e può esprimere questo concetto in maniera più artistica e/o più articolata, pubblico qui a lato la striscia di GiPi che ho appena letto su Internazionale (www.internazionale.it) e cercando la quale mi sono imbattuto, sul suo sito (giannigipi.blogspot.com), nella citazione dell'articolo di tale Michele Serra (che ho già sentito nominare ma ammetto che non conosco) sul sito di Repubblica.


Ecco l'articolo:

L' AMACA

da Repubblica — 05 febbraio 2009

Dalla vicenda di Eluana Englaro, insieme a tanti altri pensieri gravi, emerge un paradosso che vi sottopongo così come l' ho percepito: il terrore della morte traspare da atti e parole di alcuni credenti assai più che da atti e parole di spiriti laici come il signor Englaro. Per definire "vita" lo stato di conclamata inesistenza in cui è sprofondata Eluana, bisogna infatti avere della morte un terrore talmente ottenebrante da farle considerare preferibile qualunque condizione, anche la più umiliante, la meno libera e dignitosa. Poiché la morte, per un credente, dovrebbe essere solo un transito verso altre e meno effimere destinazioni, stupisce che la si neghi con tanta virulenza quanta ne basta per volere condannare Eluana alla sua non vita. Viceversa, sono i non credenti che dovrebbero avere, della morte, una visione esiziale e irrimediabile, e odiarla al punto da affezionarsi a ogni possibile simulacro della vita, anche al meno credibile, anche al meno "vivo". Ma ciò non accade. E l' accettazione della morte, che è il più difficile dei pensieri, si manifesta meglio, in questa vicenda, nel campo cosiddetto laico, nella pietosa e interminabile veglia di un padre che parla a nome di una sola persona (sua figlia) e non ha al fianco le moltitudini che confidano, beate loro, nell' aldilà.

Michele Serra


Ecco il mio pensiero:

Premesso che ho voluto parlare di questa vicenda il meno possibile mentre era in atto, per rispetto delle richiesta di privacy del signor Englaro, nutro un odio viscerale per tutti coloro che hanno vergognosamente cercato di profittare politicamente dal dramma umano della famiglia Englaro e per coloro che, di fatto, hanno tastato la strada verso un possibile colpo di stato a sfondo religioso, che, per fortuna, rimane irrealizzabile. Detto questo, io, oltre a essere pienamente d'accordo con GiPi (come sono nel 99% dei casi) e Michele Serra, aggiungerei, da laico, questo concetto: "Ma se fossi religioso non dovrei forse credere che se un dio misericordioso chiama a sé una ragazza nel pieno dei suoi anni è perché vuole portare la sua anima in Paradiso? E quindi che diritto ho, in quanto religioso, di chiedere che i medici la trattengano forzatamente sulla Terra, intrappolata in un corpo esanime?"

Mi piace molto il concetto espresso da GiPi e Serra che evidenzia il terrore che i religiosi sembrano avere della morte. Come mai? La ragione più semplice, applicabile alle persone di basso livello culturale, è che esse si rivolgono alla religione proprio per il terrore che hanno della morte. Per quanto riguarda le persone istruite, quindi anche i clericali, questa ragione non può che essere legata al terrore che hanno per la morte a causa della malvagità che di fatto esprimono in vita e che, in base al loro credo, dovranno scontare nell'aldilà.

Più verosimilmente però - e questa è una cosa che nessuno ha mai voluto dire (a parte me, prima che questa storia occupasse tutte le pagine di tutti i mezzi mediatici) - è che la paura della morte non ha nulla a che fare con questa storia. Alla base di tutto c'è la volontà dei politici di destra corrotti dalla chiesa (e infatti Fini se ne è tirato fuori), e della chiesa stessa (che ha strategicamente piazzzato medici e suore in molti, troppi, ospedali statali italiani), di promuovere il ricco business che lucra sul mantenere in vita le persone morte contro la loro volontà.


mercoledì 11 febbraio 2009

ROUBINI: IL MODELLO ANGLO-SASSONE HA FALLITO (E ANCHE IL MODELLO ITALIANO)

Ho scoperto che Nouriel Roubini, genio economista (già più volte citato in questo blog) che ha fatto parte dello staff di Clinton e oggi è uno dei consiglieri economici di Obama, è cresciuto ed è andato a scuola a pochi isolati da casa mia e che è stato anche compagno di scuola e amico di mio zio. Ecco un traduzione/sintesi di un suo recente intervento:

Rispondendo alle domande dei lettori di FT.com (Financial Times), Roubini, che è stato tra i pochi economisti a prevedere l’attuale crisi finanziaria, ha spiegato che il sistema di supervisione “si basava sull’autoregolamentazione e quindi, di fatto, sulla non-regolamentazione; su una disciplina del mercato che non può esistere insieme a euforia ed esuberanza irrazionale, su modelli di amministrazione del rischio che hanno fallito perchè – come ha detto un ex capo esecutivo di Citi – quando la musica suona bisogna alzarsi e ballare”.

“Tutte le colonne portanti di Basilea II hanno fallito ancora prima di essere implementate”, ha aggiunto, facendo riferimento alla regolamentazione internazionale che obbliga le banche a mettere da parte più capitale per mantenere l’attuale livello di prestiti.

Roubini ha anche predetto la possibilità del fallimento di un’altra grande banca: “In molti paesi le banche sono troppo grandi per fallire ma anche troppo grandi per essere salvate, se le risorse fiscali/finanziarie del governo sovrano non dovessero essere sufficienti a ripianare insolvenze di tali dimensioni nel sistema finanziario”.

Tradizionalmente solo i mercati emergenti hanno sofferto – e continuano a soffrire – di queste problematiche. Oggi però questo rischio sta crescendo anche nelle economie europee in cui le banche potrebbero essere troppo grandi per essere salvate dal governo sovrano: Islanda, Grecia, Spagna, Italia, Belgio, Svizzera e, alcuni dicono, persino il Regno Unito”.

“Esiste oggi un rischio - per ora relativamente basso – che alcuni Paesi vengano forzati fuori dalla zona Euro. L’intera idea di un’unione monetaria era basata sul fatto che non avendo più più avuto una politica monetaria e fiscale indipendente, i Paesi membri sarebbero stati spinti a implementare riforme strutturali in maniera più aggressiva per assicurare la crescita produttiva ed integrare le performance economiche.

La Germania ha attuato un massiccio piano di ristrutturazione che ha portato a una crescita della produttività, senza comportare una crescita troppo sostenuta dei salari, rendendola nuovamente competitiva

In Spagna, Portogallo, Italia e Grecia, invece, queste riforme strutturali sono state ritardate e la crescita nominale dei salari ha limato la crescita di produttività, causando un incremento del costo del lavoro che ha ridotto la competitività e che si aggiunge ai potenziali problemi legati alle insolvenze dei grandi istituti bancari.

Quindi l’unione monetaria e sotto pressione dall’aumento del divario tra i territori sovrani. Due anni fa, quando era all’opposizione, l’attuale primo ministro Italiano Silvio Berlusconi e il signor Tremonti, il suo ministro esonomico, hanno argomentato che l’euro è stato un disastro per l’Italia. Con amici come questi chi ha bisogno di nemici nell’Unione Europea?

Anche se il rischio di rottura nella zona euro è ancora lontano, questa crisi finanziaria ed economica è il primo vero test dell’unione monetaria.

Criticando l’approccio di USA e UK ai salvataggi delle banche, e paragonandoli ai tentativi del Giappone di risolvere la crisi bancaria degli anni ’90, Roubini ha aggiunto: “L’attuale approccio di USA e UK potrebbe risultare simile alla ‘banche zombie’ del Giappone, che non sono mai state adeguatamente ristrutturate e hanno finito per perpetuare la riduzione e il congelamento del credito”.

Gli economisti e i politici sperano di rilevare segnali di ripresa nelle principali economie mondiali nella seconda metà del 2009, quando gli stimoli dei governi e le azioni intraprese sui tassi di interesse dalle banche centrali cominciano ad avere effetto.

I dati recenti però dicono che potrebbe volerci più tempo, mentre l’ultimo rapporto del World Economic Forum avverte dei rischi di una nuova crisi finanziaria causata proprio dalle spese governative che dovrebbero salvare le economie dalle tubolenze del sistema finanziario globale.

lunedì 9 febbraio 2009

OBAMA: "L'ECONOMIA NON E' UN GIOCO"

Durante l’incontro annuale dei Democratici della Camera USA, che si è tenuto  a Williamsburg, in Virginia, giovedì scorso, il neo-eletto presidente Obama non ha usato giri di parole, definendo “argomentazioni fasulle” tutte le critiche che sono state indirizzate alla  sua proposta di stimoli per rilanciare l’economia americana.

“Non possiamo affidarci alle stesse politiche che negli ultimi otto anni hanno fatto raddoppiare il debito pubblico e sbandare la nostra economia”, ha dichiarato Obama. “Non possiamo abbracciare la formula perdente secondo cui l’unico modo di risolvere ogni problema è tagliare le tasse, ignorando problemi urgenti come la nostra assuefazione al petrolio straniero, la crescita esponenziale dei costi della sanità, o il decadimento di scuole, ponti, strade e argini fluviali”, ha aggiunto, con ovvi riferimenti a quelli che sono stati alcuni dei più eclatanti falimenti dell’amministrazione Bush: il dramma dell’uragano Katrina a New Orleans nel 2005 e il crollo del Mississippi River Bridge sull’autostrada I35W in Minnesota nel 2007.

“Non importa se state guidando un SUV o un’auto ibrida: se state andando verso un precipizio dovete cambiare direzione”.

Obama ha poi precisato di aver apprezzato le critiche costruttive espresse nei confronti del pacchetto di stimoli, che prevede una spesa di circa 800 miliardi di dollari (dopo che Bush ha appena stanziato circa 1.000 miliardi di dollari per salvare banche e istituti di credito colpiti dalla crisi della finanza) da destinare in parti più o meno uguali a ridurre le tasse e a investire nelle infrastrutture e nei servizi per i cittadini.

“Quando siamo entrati per la prima volta nell’Ufficio Ovale abbiamo trovato un debito pubblico raddoppiato. Il popolo americano non ci ha eletto per per ripetere gli stessi ritardi, le stesse distrazioni e le stesse chiacchiere inutili. Gli americani non hanno votato per ripristinare le false teorie del passato, non hanno votato per discussioni futili e non hanno votato per mantenere lo status quo”, ha rincarato Obama più volte interrotto dagli applausi.

Secondo il piano d’azione della nuova amministrazione il pacchetto di stimoli all’economia è solo il primo passo. Poi bisognerà risolvere i problemi sulle insolvenze dei mutui, stilare il nuovo budget, affrontare i problemi fiscali e implementare una nuova regolamentazione del mondo finanziario.

“Il pacchetto di stimoli non è un gioco - ha concluso - se non ci muoviamo rapidamente per renderlo effettivo, un’economia che è già in crisi andrà verso una catastrofe certa. Questa non è la mia opinione, non è l’opinione di Nancy Pelosi (Speaker dei Democratici della Camera) ma è l’opinione dei migliori economisti del Paese. E alcuni di loro in passato hanno cercato, senza successo, di consigliare quelle stesse persone che oggi criticano il mio piano di salvataggio”.

Tra gli economisti citati da Obama spicca il ruolo di Nouriel Roubini, professore di Economia alla New York University (laureato, per altro, alla Bocconi  di Milano) che faceva parte del governo ai tempi dell’amministrazione Clinton e che negli ultimi anni era stato bollato come “menagramo” per i suoi tentativi (inascoltati) di mettere in guardia il mondo finanziario e politico dagli effetti delle pratiche “poco ortodosse” che venivano implementate. Oggi Roubini è uno dei maggiori supporter del pacchetto di stimoli senza il quale, spiega “il Paese sponfonderebbe in un deficit ancora maggiore e in una recessione molto seria”.

giovedì 5 febbraio 2009

POVERA ITALIA MIA


Mamma mia come siamo finiti in basso. L'Italia è un Paese di idioti. Basta guardare le notizie (e i commenti alle notizie) pubblicate sul sito più visitato in Italia, quello del Corriere. Dio mio, l'unico che cerca di fare qualcosa, di opporsi con decisione è il povero Di Pietro che viene relegato dagli stessi giornalisti nel ruolo di rompiscatole.

E intanto ne succedono di tutti i colori, da Milano che è in mano a una giunta sindacale in preda a se stessa e che crede che per rilanciare una città bisogna soffocarne tutta la creatività (chiudendo scriteriatamente centri sociali e discoteche) ai ministri che, invece di pensare a come mandare avanti e rilanciare il Paese, si impuntano a contrastare le decisioni della Corte di Appello sulla sorte di una povera ragazza che è morta da 17 anni e viene tenuta innaturalmente in vita con delle macchine (ma di questo non voglio dire altro). Mente gli unici che fanno qualcosa di concreto a livello politico sono gli xenofobi della Lega che fanno passare leggi per rendere più difficile la vita agli immigrati, nonostante gli immigrati siano fondamentali per il futuro di tutta l'Italia.

In tutto questo il parere delle figure religiose conta più di quello delle figure politiche al potere e infinitamente di più di quello delle figure politiche all'opposizione. E Berlusconi fa tutto quello che vuole. Cos'è successo? Cos'è successo all'Italia e agli italiani? Perchè questo Paese sprofonda in un oblio di ignoranza che ricorda l'epoca oscura del medioevo?

L'ironia e' che non va tutto cosi' male, anzi. Quelle che a lungo sono state considerate debolezze si rivelano punti forza: le piccole industrie a gestione familiare; l'incapacita' (o la non volonta') di rischiare prestando soldi a chiunque... questi fattori ci hanno reso meno suscettibili alle truffe dell'alta finanza, del mercato azionario e alla crisi del credito, ma non siamo capaci di non vivere nel terrore.

Perche' la destra spaventa le masse sugli immigrati e sul terrorismo, la sinistra e' terrorizzata di qualsiasi cosa, la mafia incute il timore della violenza e la chiesa incute il timore di un dio che conoscono solo loro e che odia tutti quelli che non obbediscono al loro volere malato. I medici incutono il terrore delle malattie, i giornalisti il timore della repressione (piuttosto fondato), gli avvocati il timore della legge, gli ambientalisti il timore del riscaldamento globale (anche questo fondato).

Basta paura, basta odio, basta intolleranza, basta violenza. Lo so che non serve a niente scriverlo qui ma non so cos'altro fare.




martedì 3 febbraio 2009

LA BANDIERA ADORNATA DI STELLE

Un po' mi rode. Ho tradotto l'inno americano cercando qualche nuova ragione per attaccare l'america. Chessò, magari che la loro natura belligerante e sprecona era già scritta nella canzone che hanno composto dopo essersi liberati dagli inglesi. Invece non si può certo dire questo. Anche tradotta è veramente una bella canzone con belle parole. Forse l'unico appunto è che sembra già un film di hollywood, con gli americani forti e valorosi che sconfiggono il nemico malvagio con l'aiuto di Dio. Ad ogni modo l'ho tradotto in modo che ognuno possa farsene un'idea propria.

THE STAR SPANGLED BANNER
LA BANDIERA ADORNATA DI STELLE

Oh, say! can you see by the dawn's early light 

What so proudly we hailed at the twilight's last gleaming;
Whose broad stripes and bright stars, through the perilous fight, 

O'er the ramparts we watched were so gallantly streaming? 


Dimmi! Riesci a vedere nella luce del mattino

Ciò a cui abbiamo inneggiato agli ultimi bagliori del tramonto;

Le cui strisce larghe e stelle brillanti, attraverso il pericoloso combattimento

Dai bastioni guardammo, mentre scorrevano eleganti.


And the rocket's red glare, the bombs bursting in air,
Gave proof through the night that our flag was still there:
Oh, say! does that star-spangled banner yet wave
O'er the land of the free and the home of the brave?


E il riflesso rosso dei razzi, le bombe che esplodevano nell’aria 

Diedero prova nella notte che nostra bandiera c’era ancora:

O dimmi! Sventola ancora la bandiera adornata di stelle

Sulla terra dei liberi e la casa dei coraggiosi?


On the shore, dimly seen through the mists of the deep,
Where the foe's haughty host in dread silence reposes,
What is that which the breeze, o'er the towering steep,
As it fitfully blows, half conceals, half discloses? 


Sulla costa, illuminata appena attraverso le nebbie del profondo

Dove l’altezzoso protettore del nemico in spaventoso silenzio riposa

Cos’è che la brezza, sopra lo strapiombo torreggiante,

Mentre soffia a sprazzi, un po’ nasconde, un po’ rivela?


Now it catches the gleam of the morning's first beam,
In fully glory reflected now shines in the stream:
'Tis the star-spangled banner! Oh, long may it wave
O'er the land of the free and the home of the brave!


Ora raccoglie il luccicare del primo raggio al mattino,

Riflessa in tutta la sua gloria ora brilla nel ruscello:

È la bandiera adornata di stelle! Che sventoli a lungo

Sulla terra dei liberi e la casa dei coraggiosi!


And where is that band who so vauntingly swore
That the havoc of war and the battle's confusion
A home and a country should leave us no more? 

Their blood has washed out their foul footsteps' pollution!


E dov’è quella banda che così vanagloriosamente ha giurato

Che il caos della guerra e la confusione della battaglia

Una casa e una nazione non ci avrebbe più lasciato?

Il loro sangue ha sciacquato via l’inquinamento delle loro sporche tracce!


No refuge could save the hireling and slave
From the terror of flight or the gloom of the grave:
And the star-spangled banner in triumph doth wave
O'er the land of the free and the home of the brave. 


Nessun rifugio potrà salvare i mercenari e gli schiavi

Dal terrore della fuga o l’oscurità della tomba:

E la bandiera adornata di stelle sventola in trionfo

Sulla terra dei liberi e la casa dei coraggiosi.


Oh, thus be it ever, when freemen shall stand
Between their loved home and the war's desolation!
Blest with victory and peace, may the heav'n-rescued land 

Praise the Power that hath made and preserved us a nation! 


Oh, così sia per sempre, quando i liberi si leveranno

Tra l’amore per la propria patria e la desolazione della guerra!

Benedetta con la vittoria e la pace, possa la terra salvata dal cielo

Adorare il Potere che ci ha fatto e mantenuto una nazione!


Then conquer we must, when our cause it is just, 

And this be our motto: "In God is our trust":
And the star-spangled banner in triumph shall wave
O'er the land of the free and the home of the brave.


Quindi conquistare dovremo, quando la nostra causa è giusta,

E questo sia il nostro motto: “In Dio è la fiducia”:

E la bandiera adornata di stelle sventolerà in trionfo

Sulla terra dei liberi e la casa  dei coraggiosi.