mercoledì 11 febbraio 2009

ROUBINI: IL MODELLO ANGLO-SASSONE HA FALLITO (E ANCHE IL MODELLO ITALIANO)

Ho scoperto che Nouriel Roubini, genio economista (già più volte citato in questo blog) che ha fatto parte dello staff di Clinton e oggi è uno dei consiglieri economici di Obama, è cresciuto ed è andato a scuola a pochi isolati da casa mia e che è stato anche compagno di scuola e amico di mio zio. Ecco un traduzione/sintesi di un suo recente intervento:

Rispondendo alle domande dei lettori di FT.com (Financial Times), Roubini, che è stato tra i pochi economisti a prevedere l’attuale crisi finanziaria, ha spiegato che il sistema di supervisione “si basava sull’autoregolamentazione e quindi, di fatto, sulla non-regolamentazione; su una disciplina del mercato che non può esistere insieme a euforia ed esuberanza irrazionale, su modelli di amministrazione del rischio che hanno fallito perchè – come ha detto un ex capo esecutivo di Citi – quando la musica suona bisogna alzarsi e ballare”.

“Tutte le colonne portanti di Basilea II hanno fallito ancora prima di essere implementate”, ha aggiunto, facendo riferimento alla regolamentazione internazionale che obbliga le banche a mettere da parte più capitale per mantenere l’attuale livello di prestiti.

Roubini ha anche predetto la possibilità del fallimento di un’altra grande banca: “In molti paesi le banche sono troppo grandi per fallire ma anche troppo grandi per essere salvate, se le risorse fiscali/finanziarie del governo sovrano non dovessero essere sufficienti a ripianare insolvenze di tali dimensioni nel sistema finanziario”.

Tradizionalmente solo i mercati emergenti hanno sofferto – e continuano a soffrire – di queste problematiche. Oggi però questo rischio sta crescendo anche nelle economie europee in cui le banche potrebbero essere troppo grandi per essere salvate dal governo sovrano: Islanda, Grecia, Spagna, Italia, Belgio, Svizzera e, alcuni dicono, persino il Regno Unito”.

“Esiste oggi un rischio - per ora relativamente basso – che alcuni Paesi vengano forzati fuori dalla zona Euro. L’intera idea di un’unione monetaria era basata sul fatto che non avendo più più avuto una politica monetaria e fiscale indipendente, i Paesi membri sarebbero stati spinti a implementare riforme strutturali in maniera più aggressiva per assicurare la crescita produttiva ed integrare le performance economiche.

La Germania ha attuato un massiccio piano di ristrutturazione che ha portato a una crescita della produttività, senza comportare una crescita troppo sostenuta dei salari, rendendola nuovamente competitiva

In Spagna, Portogallo, Italia e Grecia, invece, queste riforme strutturali sono state ritardate e la crescita nominale dei salari ha limato la crescita di produttività, causando un incremento del costo del lavoro che ha ridotto la competitività e che si aggiunge ai potenziali problemi legati alle insolvenze dei grandi istituti bancari.

Quindi l’unione monetaria e sotto pressione dall’aumento del divario tra i territori sovrani. Due anni fa, quando era all’opposizione, l’attuale primo ministro Italiano Silvio Berlusconi e il signor Tremonti, il suo ministro esonomico, hanno argomentato che l’euro è stato un disastro per l’Italia. Con amici come questi chi ha bisogno di nemici nell’Unione Europea?

Anche se il rischio di rottura nella zona euro è ancora lontano, questa crisi finanziaria ed economica è il primo vero test dell’unione monetaria.

Criticando l’approccio di USA e UK ai salvataggi delle banche, e paragonandoli ai tentativi del Giappone di risolvere la crisi bancaria degli anni ’90, Roubini ha aggiunto: “L’attuale approccio di USA e UK potrebbe risultare simile alla ‘banche zombie’ del Giappone, che non sono mai state adeguatamente ristrutturate e hanno finito per perpetuare la riduzione e il congelamento del credito”.

Gli economisti e i politici sperano di rilevare segnali di ripresa nelle principali economie mondiali nella seconda metà del 2009, quando gli stimoli dei governi e le azioni intraprese sui tassi di interesse dalle banche centrali cominciano ad avere effetto.

I dati recenti però dicono che potrebbe volerci più tempo, mentre l’ultimo rapporto del World Economic Forum avverte dei rischi di una nuova crisi finanziaria causata proprio dalle spese governative che dovrebbero salvare le economie dalle tubolenze del sistema finanziario globale.

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