venerdì 12 dicembre 2008

RWANDA: SEEDS AND ASHES


Il mio amico Andrea Frazzetta (www.andreafrazzetta.com) è un fotografo specializzato principalmente nei Paesi africani.
Mi piace tradurre in inglese alcuni dei testi che deve utilizzare per sottoporrre le foto a editori/concorsi, anche perchè spesso sono testi illuminanti su realtà lontane ma che poi ti sembra di conoscere, quasi di essere stato lì.
Così adesso che ho questo blog colgo l'occasione per condivedere l'ultimo suo articolo sul Rwanda, pubblicando sia la versione in italiano che quella tradotta. Per vedere le foto in questione basta andare sul suo sito.

RWANDA: SEEDS AND ASHES

1.Il progetto:

L’Africa ha un cuore ferito; da oltre un decennio vi si combatte una guerra sanguinosa e crudele, che ha causato quasi quattro milioni di vittime. Un conflitto che ha visto il coinvolgimento di ben nove stati e che per la sua ampiezza è stato definito la “Prima guerra mondiale africana”.
Il 6 aprile 1994 l’aereo del presidente del Rwanda, viene abbattuto. In poche ore la capitale Kigali è chiusa da posti di blocco dell’esercito delle milizie Hutu. Iniziano lo sterminio della comunità Tutsi e il massacro degli Hutu “moderati” contrari al progetto genocidiario. Verranno uccise da 800.000 a un 1.000.000 di persone. In meno di 100 giorni.
Uomini, donne, bambini, anziani, saranno sterminati in città, sulle colline, nelle chiese. Il terzo genocidio ufficialmente riconosciuto dalla Comunità internazionale nel XX secolo, si è svolto sotto gli occhi del mondo intero.

Circa quindici anni dopo, africanisti ed esperti di Relazioni internazionali sono unanimi: “in Africa c’è un prima e un dopo Rwanda”.
Dal Darfur al Kenya, dalla Costa d’Avorio al Burundi, i conflitti etnici che in questi ultimi anni hanno insanguinato il continente africano riportano la nostra coscienza collettiva alla tragedia rwandese del 1994.

In Rwanda, ora, l’opera di ricostruzione di un paese devastato dall’odio etnico e dalla povertà va avanti su ritmi forzati. Chi oggi si avventura a Kigali non può non rimanere colpito dai cambiamenti urbanistici sbalorditivi che ormai caratterizzano il boom economico della capitale. Da piccola città provinciale, Kigali si è trasformata in pochi anni in un vero e proprio centro urbano moderno. Protagonisti assoluti di questo miracolo sono i membri della diaspora rwandese, tornati, insieme ai giovani figli, da Europa, Stati Uniti, Canada, Asia e Africa all’indomani dell’eccidio per far rinascere il Rwanda dalle proprie ceneri.

Dall’altro lato il resto del paese, le colline rwandesi, le campagne dove risiede oltre l’80% la popolazione, è il teatro di altre sfide; la lotta alla povertà e, soprattutto, il processo di riconciliazione tra hutu e tutsi.
Nel 2007, oltre il 60% dei rwandesi continua a sopravvivere con meno di un dollaro al giorno. Nei villaggi poi, la diffidenza tra le due etnie rimane fortissima.
A differenza dello sterminio armeno o della Shoah, il genocidio rwandese è il primo nella Storia in cui vittime e carnefici sono costretti a coabitare insieme dopo i massacri.

Questo fa sì che il Rwanda di oggi rischia di ritrovarsi a fronteggiare le stesse minacce che hanno finito per distruggerlo nel 1994.


L’obiettivo di questo progetto è proprio quello di documentare e raccontare questa doppia anima di un paese diventato paradigma storico dei mali che affligono l’Africa, ma anche delle potenzialità enormi che custodisce.
Proprio focalizzandosi su queste due volti: da un lato la città della diaspora, del potere, dei ricchi cosmopoliti, di nuovi donatori internazionali (Cina, India, Dubai), e della nuova generazione carica di sogni e progetti.
Dall’altro il volto oscuro, il mondo rurale, la campagna profonda, arcaica. La convivenza fra “vittime e carnefici” in una piccola terra afflitta da una fame che potrebbe compromettere nuovamente il fragile equilibrio .
Un paese sopeso fra le ceneri del passato e i semi di un domani da custodire. Al centro di uno dei territori più instabili e martoriati del pianeta.


2.Riguardo le immagini presentate:

Le immagini presentate in questa sede sono state scattate nel corso degli ultimi due anni durante differenti reportage e viaggi avvenuti nei paesi coinvolti dal conflitto africano; Burundi, Congo, e lo stesso Rwanda.
Il tema comune di questi lavori è sempre stata la descrizione della vita quotidiana e del fragile equilibrio fra memoria e voglia di dimenticare. E delle sfide che permeano questo periodo conseguente al conflitto.
Nello specifico: il tema religioso e spirituale, la lotta alla diffusione dell’aids, e il recupero degli ex bambini-soldato accusati di stregoneria in Congo. Il mondo rurale, la povertà e la crisi alimentare in Burundi.
Pertanto il progetto qui presentato può essere considerato come un ulteriore capitolo a completamento di un’indagine a lungo termine dedicata ai luoghi del tragico conflitto africano.

(ENGLISH VERSION)

1.The project:

Africa has a wounded heart. For over a decade a bloody and cruel war has been fought, causing over four million victims. A conflict that has seen the involvement of 9 nations and for that has been defined the “First African World War”.
On April 6th 1994, Rwanda’s presidential plane is shot down. After a few hours Kigali, the capital, is shut down by Hutu militias’s roadblocks. Thus began the Tutsi genocide and the massacre of “moderate” Hutu, those who oppose the killing. The slaughtered are somewhere between 800.000 and 1.000.000. In less then 100 days.
Men, women, children, the elderly will be exterminated in the cities, in the hills, in the churches. The third genocide officially recognized by the International Community in the 20th Century took place under everyone’s eyes.

Fifteen years later, African and international relationships experts all agree: “In Africa there is a Before and an After Rwanda”.
From Darfur to Kenya, from Ivory Coast to Burundi, the ethnical conflicts that have bloodied the continent in these last few years bring our collective consciousness back to the 1994 Rwandan tragedy.

Today, in Rwanda, the reconstruction of a nation devastated by racial hatred and poverty proceeds at a hasty pace. Those who adventure into Kigali cannot but be impressed by the incredible urban changes that identify the city’s economic boom. From a small provincial area, Kigali transformed into a true modern metropolitan center. The makers of this miracle are those who survived, the Rwandan diaspora that has returned with its young children from Europe, the United States, Asia and Africa, in the aftermath of the slaughter, to help Rwanda be reborn from its ashes.

On the other side is the rest of the Nation, the Rwandan hills, the countryside where 80% of the country’s population lives and fights against poverty and endures the diffcult reconciliation process between Hutu and Tutsi. In 2007 over 60% of Rwandans lived with less than a dollar a day. In the villages diffidence between ethnicities remains strong.
Contrary to the Armenian ethnical cleansing or the Shoah, the Rwandan genocide is the first in history where victims and executioners are forced to coexist after the massacres.

This causes Rwanda to face today the same threats that devastated it in 1994.

This project’s objective is to document and tell of the split in the soul of a country that has become a historical paradigm for the ills that afflict Africa, but is also rich with the potential it shelters.

Focusing specifically on these two aspects: on one side the Diaspora’s City, the power, the rich cosmopolitans, the new international donors (China, India, Dubai) and a new generation charged with dreams and ideas.
On the other, the dark side, the rural areas, the deep, archaic countryside. The parallel lives of “victims and executioners”, within a small land threatened by a famine that could easily break a newfound yet fragile equilibrium.
A country suspended beetween the ashes of the past and the seeds of a future to protect. In the center of one of the World’s most unstable territories.


2.About the images presented:

The images shown here were taken during the course of the last two years, in the midst of different reportages and voyages through the countries involved in the African conflict: Burundi, Congo and Rwanda itself. The common theme throughout these works has always been the description of daily life and of the fragile balance between memories and the will to forget. And of the challenges that permeate this post-conflict period. Specifically: the religious and spiritual theme, the fight against aids and the rehabilitation of child soldiers accused of witchcraft in Congo. The rural scenary, poverty and famine in Burundi.
The project shown here can thus be considered as a new chapter within the context of a long term study into the places of the tragic African conflict.

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