lunedì 22 dicembre 2008

TERMINIAMOLA QUI

La razza umana, almeno gli occidentali (e i giapponesi, ma per ragioni diverse) sono sempre più coscienti del fatto che la fine del mondo (la fine degli esseri umani) si stia avvicinando. Se ciò sia vero o meno resta da vedere, sta di fatto che la fine del mondo è sempre più presente nei nostri pensieri collettivi e nelle espressioni di questi sentimenti, che sia attraverso una guerra globale, una catastrofe climatica o un’epidemia virale/batteriologica

Questo trend esiste già da qualche tempo. I primi film americani su questa consapevolezza moderna della fine del mondo hanno iniziato a uscire intorno alla fine degli anni ‘90, all’apice della civiltà statunitense, forse proprio in previsione del crollo che sarebbe avvenuto di lì a poco. Poi le varie guerre (terroristiche e tradizionali) e le crisi economiche ed ambientali hanno fatto il resto, alimentando la suggestività umana.

Al cinema che è - e ancora per qualche anno rimarrà - la massima espressione del pensiero di massa, il pericolo della distruzione del mondo ha iniziato ad arrivare a causa degli alieni (in Independence Day del 1994), che, a dire il vero, era solo un assaggio, con la razza umana che se la cava fin troppo facilmente, unendosi contro il nemico comune e sconfiggendolo con un abile trucchetto (non prima che gli alieni abbiano però distrutto gran parte delle metropoli, il vero nemico celato nel film). Poi è stata la volta dell’apocalisse per opera delle macchine di Matrix, con tanto di cortina protettiva. Il messaggio di base del primo Matrix dice che il mondo, così come lo vediamo ora, è falso e noi, in realtà, siamo tutti schiavi. È un messaggio fortissimo ma rientra in un ambito legato alla necessità di rivoltarsi più che in un discorso puramente legato alla fine del mondo.

In seguito, per due volte l’apocalisse è arrivato per via di un asteroide. In entrambi i casi il disastro è stato più consistente. In Deep Impact muoiono a milioni e si vede, in maniera anche piuttosto cruda, l’umanità che si scanna per un posto al sicuro, mentre in Armageddon la storia è meno drammatica ma il Mondo deve comunque piangere la perdita di Bruce Willis (esperto in trivellazioni petrolifere di fama mondiale), che si sacrifica per far saltare l’asteroide.

In seguito la fine del Mondo è arrivata per una glaciazione improvvisa (The Day After Tomorrow), poi varie volte attraverso virus e zombie (28 Giorni Dopo, 28 Settimane Dopo, Resident Evil Extinction, Io Sono Leggenda) e magari ci sono stati alcuni film con olocausti nucleari che mi sono sfuggiti. Ultimamente l'apocalisse arriva dalle fonti più assurde, come le piante assassine di E Venne il Giorno. Ora è di nuovo in voga l'apocalisse causata dalle macchine dell’universo di Terminator, grazie alla serie TV “The Sarah Connor Chronicles” che - mi vergogno ad ammetterlo - mi piace un sacco. Ho già visto tutti gli episodi della prima e anche della seconda serie (che è andata in onda solo in america) e sono appassionatissimo, come un drogato.

Ma prima di arrivare a Terminator, e alle ragioni per cui mi piace, vorrei analizzare la questione della fine del mondo nel nostro subconscio collettivo. Negli anni '50 gli americani facevano film sugli alieni perchè essi rappresentevano il pericolo comunista, il nemico misterioso che viene da fuori, da lontano, e che non ha gli stessi valori e le stesse morali. Instaurare la paura dell'ignoto e del nemico che viene da lontano era utile alla società americana perchè permetteva di soggiogare i propri cittadini, chiudendo le loro menti a influenze esterne e facendoli sentire uniti, liberi e forti di fronte a un comune nemico, interamente e irrimediabilmente malvagio.

La consapevolezza (allargata a tutto l’occidente) dell'imminenza dell'apocalisse, però, non può produrre lo stesso effetto. Dinnanzi alla fine di tutto, le persone non possono diventare più produttive o unite, ma, anzi, rischiano di cadere in preda a una sorta di depressione collettiva, un senso di sconforto e di impotenza al cospetto del futuro. Il nemico non è più identificabile ma è inarrestabile. Non mi pare quindi possibile che la realizzazione di così tanti film occidentali sull'apocalisse sia voluta. Va anzi interpretata come un'espressione incontrollabile del pensiero collettivo, dovuta al fatto che un governo oggi non è più in grado di usare certi media per promuovere esclusivamente i propri interessi, di fronte a logiche di mercato che dipendono esclusivamente dai risultati del box office. Quindi se la gente vuole vedere i film sull’apocalisse si fanno i film sull’apocalisse. Punto e basta.

In questo modo la paura dell'apocalisse, la consapevolezza dell'imminenza (che sia tra uno, dieci, cinquanta o 200 anni) dell’apocalisse, è un'aspetto positivo della realtà odierna, in quanto si tratta della libera espressione della (in)consapevolezza umana che le cose, allo stato attuale, non vanno. Che il mondo (inteso come l'umanità) deve cambiare se vuole sopravvivere.

Ecco perchè la serie di Terminator mi entusiasma. Se stessimo a guardare i dettagli tecnici, le incongruenze anche grossolane della trama o la banalità di alcune frasi e clichè, il prodotto di Fox (farina del sacco di Rupert Murdoch, signori e signore, uno dei principali artefici della vera fine del mondo) è piuttosto scadente. (Terminator è la storia di Sarah Connor e di suo figlio John Connor che, in un futuro post-apocalittico, deve guidare la resistenza umana nella guerra contro le macchine. Per ucciderlo da giovane le macchine mandano cyborg dal futuro mentre lui stesso manda i suoi soldati a proteggersi. Nel primo film la madre concepisce John proprio con uno di questi soldati che poi muore nella lotta contro il primo T-888, il modello base di Terminator). Purtroppo, quando s’introduce il concetto dei viaggi nel tempo, si formano paradossi di difficile risoluzione, troppo complessi da affrontare in una serie TV. C’è però tutta una serie d’altri aspetti che mi piaciono molto

Ad esempio la famiglia è disastrata. La madre deve difendere il figlio da una realtà drammatica in cui chiunque può essere un pericolo. Tutti sono potenziali nemici: polizia, dottori, vicini, amici e poi il prossimo, uno qualsiasi che, sotto l’apparenza umana, è un robot venuto dal futuro per ucciderli (ma che sia davvero un robot o meno che differenza fa? Rappresenta semplicemente la follia, il caso avverso). Manca il padre. C’è lo zio ma è piuttosto incasinato di suo (anche lui viene dal futuro). Il figlio è belloccio ma complessatissimo e in cima a tutto c’è la sorella terminator, con tanto di complesso incestuoso in sottofondo, visto che madre e sorella terminator sono veramente fighe e l’interazione del figlio con estranei ed estranee è severamente limitata. Tutti hanno tendenze suicide od omicide. E questo va bene. Insomma, almeno è realistico a modo suo. Certo, per far vedere la triste realtà famigliare della gente comune bisogna camuffarla in mezzo all’invasione dei cyborg dal futuro ma altrimenti sarebbe davvero troppo straziante e noioso. L’aspetto che mi piace di più, però, è il modo in cui tutti affrontano la consapevolezza della fine del mondo imminente. Sono tutti psicologicamente distrutti da questa e, ancora di più, dalla consapevolezza di non poter fare nulla per fermarla oltre che dalla consapevolezza che raccontarlo a qualcuno vuol dire essere presi per pazzi.

Ammetto che spesso mi sento un po’ così. So che il mondo, così come sta andando adesso non può portare nulla di buono. Non posso non pensarci, almeno ogni tanto, e mi sembra che, a dirlo a qualcuno, come minimo passo per menagramo, pessimista e troppo negativo, oppure, più semplicemente, ci si chiede perchè io pensi a certe cose.

Per questo mi entusiasmo ogni volta che, per una ragione o per l’altra, la sorella-gnocca- terminator fa qualcosa che dimostra platealmente la sua non-umanità. Quella è la botta, lo shock che sogno di poter dare alla gente. Quello è il colpo che, istantaneamente, mina e distrugge tutte le certezze umane. Le “termina”. È più bello quando lo fa lei che quando lo fanno i terminator cattivi perchè con lei, di solito, c’è Sarah Connor, che poi fornisce anche le spiegazioni di base necessarie. Adesso le credono. Credono a tutto quello che dice. E le bastano poche parole che sono come schiaffi in faccia alla moralità, ai dogmi, alla religione, alla scienza conosciuta e a qualsiasi certezza umana.

Un’altro aspetto molto interessante è quello dello sviluppo dell’intelligenza artificiale. Come reagirebbe un’intelligenza artificiale che ha acquisito la consapevolezza di esistere? So che è un argomento che è già stato trattato (da Asimov, da Kubrick in 2001 Odissea nello Spazio, in Blade Runner o con l’andoride Data in Star Trek Next Generation) però è anche un argomento che va sviluppato su un periodo di tempo più prolungato, come può essere una serie televisiva. Quanto è lontana l’intelligenza artificale consapevole? Come reagirebbe una mente robotica agli impulsi della vita comune (o quasi comune)? Come svilupperebbe una moralità? La svilupperebbe? È possibile insegnargliela senza ricorrere alla religione? Quanto e come sarebbe diversa dalla mente umana? Se l’uomo creasse l’intelligenza artificale/digitale/quantica il suo prodotto sarebbe per forza di cose corruttibile, imperfetto e pericoloso?

La risposta a quest’ultima domanda è sì. Se sono coerente con me stesso devo pensare che sia così. E allora crollano di nuovo anche tutte le mie certezze. Allora la religione che io critico sempre e che si oppone al progresso non fa forse una cosa giusta? La risposta è ni. La religione non fa la cosa giusta perchè si oppone al progresso sociale, non a quello tecnologico, e il progresso tecnologico senza il progresso sociale è sbagliato, imperfetto e pericoloso.

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